Ceronetti e Ronchey: mito sacro da esplorare
ll segno può essere lo stesso, ma davanti alla medesima traccia - al medesimo simbolo - l'esploratore del sacro si sforza di risalire alla regola, mentre il credente si sofferma sull'eccezione lì raffigurata. Il percorso subito si biforca: regole ed eccezioni, appunto, lo schema che si ripete e l'evento, irripetibile, da cui discende la salvezza. È utile al credente la mappa che l'esploratore disegna? E l'esploratore, da parte sua, in quale territorio si avventurerebbe se a custodire la frontiera da cui è attratto non ci fosse la fede semplice e a volte semplicissima del credente? È una storia lunga e non priva di equivoci, questa che affianca due soggetti simili soltanto se osservati da lontano, questi due viaggiatori che, arrivati alla stessa stazione di posta, si servono di una lingua comune per ottenere un diverso, a volte inconciliabile conforto. «Tentava una morfologia spirituale unitaria delle culture del mondo antico, avviava una riflessione sistematica sul lascito speculativo dell’oriente non cristiano al mondo moderno, recuperava una visione del mondo vivente anteriore alla rivoluzione scientifica», scrive Silvia Ronchey nel ritratto di Elémire Zolla ora compreso in La cattedrale sommersa (Rizzoli, pagine 254, euro 19,00), raccolta ragionata dei contributi che la bizantinista romana ha dedicato negli ultimi anni alla “ricerca del sacro perduto” richiamata nel sottotitolo. Non credente professo e insieme studioso infaticabile di ogni forma dell'esperienza religiosa», Zolla (1926-2002) è forse l'intellettuale la cui lezione risulta più influente nell'impianto complessivo della ricognizione compiuta di Silvia Ronchey. Che torna a più riprese su autori e temi della sua Bisanzio, in una prospettiva di continuità storico-simbolica secondo la quale la turbinosa eccezione del millennio medievale andrebbe corretta mediante la regola che mette in relazione «l'antico, con le sue persistenze, rinascenze, resistenze oscurantiste» e «il moderno, con le sue rivoluzioni e le sue barriere, sociali, etniche, geografiche». Ipotesi affascinante, come tante altre che si ritrovano nel libro, anche perché aperta alla discussione: a una periodizzazione così drastica si potrebbe obiettare, per esempio, che modernus è parola prettamente medievale, scaturita dalla crisi di cui Cassiodoro fu testimone nel VI secolo. La contemplazione dell'icona riveste un ruolo centrale nella Cattedrale sommersa, sia per comprendere la "guerra alle statue" scatenata dal Daesh (atto politico con labile parvenza religiosa, avverte Silvia Ronchey, anche perché nell’islam è finora mancata una riflessione organica sullo statuto dell'immagine), sia per cogliere l’analogia profonda che lega la Trinità di Rublév alle stilizzazioni estreme dell'arte contemporanea. L’indagine è però ancora più ampia, e va dal-la decifrazione di un fenomeno solo apparentemente pop quale la serie tv II trono di spade all'elogio della visionaria Ildegarda di Bingen e dell’enciclopedico Raimondo Lullo, che con il duecentesco Libro dell'amico e dell'amato segna un livello mai più raggiunto di intima vicinanza tra le fedi monoteistiche. Sono sentieri lungo i quali il credente segue volentieri, e con profitto, l'esploratore del sacro. Il bivio si propone davanti alla figura di Cristo, rispetto alla quale Silvia Ronchey dimostra un’indubbia predilezione per letture eterodosse, come il Jesus Rex di Robert Graves, e non dirado improntate a una visione sincretista. Come se alla regola non si desse eccezione, come se in Gesù di Nazareth si ripresentasse il mito orientale di Mirimi o l'impassibilità imperscrutabile del Buddha. «Si è nel messianico finché si è nell'umano», annota Guido Ceronetti in Messia (Adelphi, pagine 116, euro12,00), piccolo libro di versi, intuizioni e frammenti che viene spontaneo accostare al più compatto La cattedrale sommersa. Nel Messia si potrebbe dunque sperare ma non credere, dato che per Ceronetti «la grande sciagura dei cristiani» sarebbe proprio quella di «crederlo venuto in un tempo storicamente determinato». L'insofferenza per l’eccezione prende il sopravvento, mentre a imporsi e la regola secondo la quale «pensare il Messia è soffrire per qualcosa che vale perché ci oltrepassa», fino a sollecitare quel sentimento di «orlanità» che Ceronetti evoca in una delle poesie qui proposte. Ma come possono essere sicuri, l'esploratore e il credente, che senza eccezione la regola abbia ancora valore?