Una lettura dolce come il miele
Un’ambientazione degna delle Mille e una notte trasporta il lettore in un Medioevo «multiculturale», nel quale si fondono tradizioni orientali d’impronta buddhista e novella cristiana. È questa l’atmosfera trasmessa da una nuova edizione della Storia di Barlaam e Ioasaf. Una lettura dolce come il miele.
Per milioni di Occidentali, l’incontro con la visione buddhista del mondo – con quella speciale vicenda interiore di rinuncia e di ascesi, di nuova appropriazione di sé per esiti pacifici – è stato favorito dalle pagine del fortunato Siddharta, il romanzo che lo scrittore tedesco Hermann Hesse pubblicò nel 1922. Ma la cultura che definiamo occidentale si era già misurata con la vicenda del Buddha intorno all’anno Mille. In quell’epoca, presso la recente fondazione monastica del Monte Athos, un monaco georgiano di illustri natali, Eutimio, aveva ripreso la vicenda dell’Illuminato (originaria del V secolo a.C. e arrivata nell’Egeo attraverso innumerevoli filtri orientali), e l’aveva riplasmata in una «storia edificante cristiana» secondo i canoni dell’agiografia bizantina in lingua greca. Il Bodhisattva e l’asceta Da queste premesse ha origine la Storia di Barlaam e Ioasaf, volume destinato non solo agli appassionati di cultura bizantina, ma anche a chi voglia indagare sui rapporti culturali e religiosi tra Oriente e Occidente, e a chi auspichi, come già in passato è avvenuto, il dialogo e la convivenza pacifica tra i seguaci di credi diversi. Il racconto, che si svolge in un’atmosfera da Mille e una notte, ha come protagonisti Ioasaf (il «Bodhisattva»), recluso dal padre in un palazzo incantato per essere protetto dai mali del mondo, e Barlaam: un asceta che riesce a intrufolarsi nel palazzo sotto mentite spoglie per fargli arrivare la «perla preziosa» della buona novella cristiana. La sostanza di una notevole impalcatura teologica, un bel piglio narrativo, l’inserimento felice di mirabili fiabe (apologhi) di matrice orientale, vengono amalgamate da Eutimio per dare vita a una narrazione impareggiabile che ambisce a essere «utile all’anima». Tradizioni a confronto In essa si coglie, oltre a un talento letterario raro, anche il carattere «meticcio» di un Medioevo aperto, capace di mettere a confronto e di fondere con esiti inattesi tradizioni diverse. Tanto che la fiaba (o Storia) di Barlaam e Ioasaf ebbe grande fortuna anche dopo Eutimio (Jacopo da Varazze, Marco Polo, Lev Tolstoj e innumerevoli altri). Il testo era già stato tradotto nel 1980 da Paolo Cesaretti e Silvia Ronchey, che in questa recente e pregevole edizione Einaudi lo ripropongono in una nuova veste, arricchita dai più recenti contributi critici (spiccano quelli di Robert Volk, che risultano decisivi per l’attribuzione dell’opera a Eutimio). L’ampio saggio introduttivo di Silvia Ronchey consente anche al lettore non specialista di seguire l’evoluzione del nucleo narrativo, dalle versioni orientali della vita del Buddha alla prima cristianizzazione georgiana (da cui dipese Eutimio), e oltre. Traduzioni, note al piè e apparati sono invece stati rivisitati da Paolo Cesaretti con un lavoro puntuale e prezioso, che conferisce alla resa italiana una piacevole patina arcaizzante. Resta l’emozione di questa storia: riprendendo le parole di uno dei memorabili apologhi che in essa sono raccolti, potrebbe definirsi un invito a «concentrarsi sulla dolcezza di quella piccola goccia di miele» che solo la lettura sa dare.