Giubileo. Oro, incenso e pizza fritta
Roma 2000: nel caos della città sconvolta dai cantieri, la stupefacente parata delle nuove merci "mistiche"
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Roma è il posto ideale in cui aspettare la fine del mondo, diceva Gore Vidal in una famosa scena della Roma di Fellini: perché i romani hanno già visto tutto e perché Roma è la città del caos. Deve pensarla allo stesso modo Josef Koudelka, il grande fotografo cecoslovacco (la sua mostra Caos è aperta al Palazzo delle Esposizioni) se ha accettato con entusiasmo di illustrare coi suoi scatti i cantieri di Roma 2000, cento immagini commissionate dall'Agenzia per il Giubileo a dieci tra i più grandi fotografi del mondo.
«A patto - ha però aggiunto che mi lasciate scendere laggiù, nel cuore putrido delle voragini, immortalare i cedimenti e i crolli, far leggere il senso di frana nella Roma dei cantieri». Cantieri, lavori in corso, o, in alcuni casi, in corso di frana. Il sindaco ne vanta 750 e l'impazzimento entropico del traffico è ormai luogo comune, reclamo da tassista, da pendolare bloccato, da deputato leghista che protesta se s'imbottiglia sull'ormai unica corsia della Roma-Fiumicino. Si avanza, in bicicletta, fra le devastazioni. Il centro è un unico zig zag, i sampietrini essendo ora messi in opera a fasce diagonali. Si pedala su stretti ponti di travi cinti da nastri biancorossi in luogo di transenne. Esperti italiani e stranieri decantano entusiasti le facciate trompe-l'oeil distese sui ponteggi dei palazzi; evocano le sublimi documentazioni iconografiche commissionate dai papi rinascimentali e barocchi ai grandi pittori, nel tempo di altri grandi lavori, in altri passati Giubilei. La città incubo degli automobilisti si trasforma di notte in una Roma piranesiana, da percorrere a piedi nello scenario lunare del Ponte Fabricio, per le strettoie del Ponte Sant'Angelo, dove gli extracomunitari, accanto ai falsi Vuitton e agli incensi indiani, offrono altari elettrici a luce intermittente: la Sacra Famiglia, Sant'Antonio, San Francesco, il Sacro Cuore di Gesù.
Il crocifisso con catena d'ottone da appendere al collo o il cuore-exvoto barocco in plastica argentata vanno forte tra i cinesi venditori di accendini, che si aggirano tra i tavoli all'aperto dei bar della vecchia Roma cinque e seicentesca, ormai tutti trasformati in grevi pizzerie, nel proliferare delle licenze. Perché la Roma del Giubileo si riconosce soprattutto dagli odori, come sostiene una poetessa che abita da sempre a Campo de' Fiorì: al profumo dei banchi di fiori e delle verdure del mercato, al fumigare degli incensi delle chiese, su, nell'aria fina e dorata, fra le cupole, le lanterne, le cuspidi popolate di ali di arcangeli, un'entità aerea aleggia soprattutto: l'odore di pizza fritta. Provvidenza e decadenza. Come diceva Gore Vidal in quella famosa scena, a Roma tutto è da sempre mescolato insieme. Fosse stato presente Fellini, non si sarebbe stancato, forse, di contemplare l'evoluzione dei negozi intorno alla Minerva e al Pantheon, in quel nido di vie che si dipana sull'area originaria delle Terme di Agrippa, dove l'Arco della Ciambella, ossia l'antico Calidarium, è da secoli presidiato da una delle centinaia di edicole mariane, cui è ora dedicata la più bizzarra delle pubblicazioni distribuite gratuitamente in migliaia di copie dal Comune di Roma: Edicole sacre di Roma Centro. Via della Pigna, via di Torre Argentina, via de' Cestari. Le vetrine di quei negozi, un tempo austeramente popolate di sandali ortopedici e maglie della salute, pullulano ora di accessori ambiti: i calzettoni nelle sfumature del viola, del mauve, del borgogna, del rosso cardinale, dell'amaranto: dove trovarne altrettanti, di tale qualità e, in fondo, onesto prezzo? Per la clientela femminile, la gorgera monastica in cotone plissé e la cuffia in bisso inamidato o pizzo di fiandra; i collant avorio in puro filo di cotone. Un viavai di merci sempre nuove, stupefacenti, arricchisce le mensole di cristallo nel countdown che ci separa dal 2000. Il talare nero ventiquattro bottoni del secolo scorso va sempre, però «con tasca interna per il telefonino». Il clergyman in tasmanian nero con asole a mano è il più richiesto, insieme al piviale color avorio con l'onnipresente scritta «Jubilaeum A.D. 2000» ricamata in marrone sul dorso, in assoluto il capo più venduto tra quelli abbordabili per il singolo chierico medio. Quanto alla haute-couture, destinata alla rappresentanza o sacra rappresentazione ecclesiastica, i sarti specializzati espongono oggetti di sontuosità decadente a prezzi che competono con quelli dell'alta moda. Ma è certo che gli stilisti, pur facendo in questo periodo del loro meglio, non riusciranno mai a imitare tanto lusso: vani gli sforzi di Dolce e Gabbana o di Versace, dinanzi alle pianete incrostate di gemme, ai piviali ricamati in oro zecchino, alle stole decorate di sacri enigmatici simboli, alle dalmatiche damascate, alle clàmidi purpuree, alle cotte decorate di merletti! Il cilicio, in maglia color piombo o dorata, scandita da piccole fermezze a forma di cupola. L'inginocchiatoio smontabile da viaggio, diciotto pezzi più cuscino di velluto purpureo, in valigetta ventiquattr'ore grigio scuro. Stesso look, ma in alluminio anodizzato, per il completo da estrema unzione, bagaglio a mano insospettabile se non per un dettaglio allarmante: il simbolo dell'aldilà inciso sulla chiusura a scatto. L'ampolla da olio santo, per padrone di casa dannunziane, da mettere ormai direttamente in tavola, come anche il bicchiere da messa in vetro rosso e oro, molto meno caro dei calici di vetro colorato offerti nei negozi di design. Campeggia in vetrina, soprattutto, la statuaria. Pietà di proporzioni sempre più inquietanti rubano la scena alle tradizionali madonnine fosforescenti, ai crocefissi in legno e argento, alle teorie di sante di gesso: Sante Lucie e Sante Barbare, Sante Rite e Sante Rosalie, Sante Cecilie, Sante Terese, nella doppia versione d'Avila e di Lisieux (si attende il modello: di Calcutta). I cataloghi, mostrati con orgoglio dai commessi, annoverano centinaia di dirette pietrificazioni del Martirologio Romano: tratto realistico, sorriso soave, tinte e panneggi decisamente barocchi, in più misure. Ovvi, e già forse fuori moda, i busti di Wojtyla, disponibili in molti esercizi delle principali arterie del centro, specie sulla rotta autoferrofilotranviaria del Vaticano, con l'incoraggiante sconto del trenta per cento. Non mancano, negli esercizi più turistici, best-seller quali: l'acqua minerale «Giubileo A.D. 2000», liscia o gassata; l'imitazione dell'orologio «Jubileum optimum maximum»; il pareo con la riproduzione della Sindone. Nei negozi high-tech, gli architetti si sono sfidati in più sobrie ma non meno giubilari scommesse grafiche. Dal biglietto pieghevole in cartone, che dischiude un essenziale colonnato del Bernini, al girocollo con finta reliquia, il merchandising A.D. 2000 può anche non essere kitsch, anzi, può essere chic. Come l'apocalittica stilografica Jubilaeum Gold, cupamente prodotta in 999 esemplari, in oro massiccio e brillanti. O come i gioielli della produzione diretta vaticana: le Pipe Giubileo, cento pezzi firmati in tre versioni, classica, diritta, ricurva.