Dentro il labirinto di Federico II
"Castel del Monte" di Franco Cardini
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«Soltanto i superficiali non giudicano alla prima impressione» scrive Franco Cardini in calce al suo nuovo libro, Castel del Monte. Cardini attribuisce la citazione a Baudelaire e, da quel provocatore intellettuale che è sembra incoraggiarci ad applicarla al suo libro. Il quale in effetti, appena uscito in libreria, e già stato risucchiato in un Maelstrom di polemiche. A una prima impressione. Castel del Monte potrebbe definirsi un pamphlet antilaico e antighibellino. Il suo autore, medievista controcorrente, sembrerebbe avere l'unico obiettivo di dissacrare l'agiografia laico-liberal-risorgimentale del re normanno Federico II: secondo lo stereotipo storiografico corrente, «antesignano di tutti i patriottismi italiani», «primo sovrano nazionale» di un'Italia che in realtà, nel Medioevo, era inesistente. La mistificazione peraltro ancora permane, nelle inerzie della retorica politica, in molti manuali scolastici, secondo cui l'identità nazionale italiana nasce proprio dall'illuminata, intellettualistica, razionalissima monarchia normanno-sveva nel Meridione. Alla luce degli studi di medievistica che a partire dall'insegnamento «panmediterraneo» di Femand Braudel hanno cambiato in questo secolo la percezione delle origini non sola dell'identità dell'Italia ma di tutta l'Europa, potremmo aggiungere che era tendenzioso proprio tutto l'affannarsi a mostrare l'Italia Meridionale parte integrante di quella identità di fatto evanescente al di là del potere della Chiesa.
Ma quando fu rifondato il sistema d'insegnamento universitario nazionale. Garibaldi era da poco sbarcato in Sicilia e alcuni intellettuali avevano deciso di «fare l'Italia». Sull'effettiva estraneità del Sud della penisola, sull'ingombrante eredità delle due culture che lo avevano dominato, l'araba e la bizantina, si sapeva ma si taceva. La questione meridionale incombeva. Ma questo è solo uno, il più facile e superficiale dei temi che al primo approccio il profondo e in realtà misterioso volume di Cardini solleva. Perché Castel del Monte non è solo il nome di un luogo, il castello di re Federico, «immenso dado d'ingranaggio abbandonato su un cucuzzolo» dell'assolala Puglia. E' il simbolo dello statuto esoterico di tutto un mondo medievale che sfugge alla razionalizzazione positivistica, all'ottimismo progressista, all'inconsistente laicismo degli eruditi. E' il ritratto segreto di un sovrano nordico cosmopolita, alchimista, esoterista, numerologo di formazione islamica, di letture cabalistiche e greche, di armonie provenzali, di cromie bizantine. Amico del sultano d'Egitto al-Malik al-Kamil, grande ammiratore della Cupola della Roccia, la moschea del califfo Umar, l'intellettuale monarca germanico ricalcò forse nell'enigmatico prisma di pietra, in cui significativamente mancava ogni traccia di altare o di cappella, l'impianto ottagonale di quella moschea. Otto è il segno dell'infinito rovesciato. Ha otto punte la rosa dei venti, simbolo cosmico come l'ottagona «Torre dei Venti» nell'Agorà di Atene. Erano olio le figure divine primordiali, che costituivano l'ogdoade secondo i sacerdoti egizi, ripresi dagli ermetici bizantini e dagli gnostici. E' ottuplice il cammino della rettitudine buddhista. Otto sono i pelali del fiore di loto, otto i sentieri del Tao, otto volte otto gli esagrammi dell'I Ching. L'esercizio storiografico di Cardini può anche essere letto come un gioco, un bellissimo gioco New Age.