Traduca Edipo, studente Freud Sigmund
Nel 1873 alla maturità, il padre della psicanalisi, si imbatté nella tragedia di Sofocle e nell'eroe greco intorno al quale, ruoterà tutta la sua teoria rivoluzionaria dell'inconscio. Caso, sincronicità o destino?
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“Chiunque abbia sostenuto l’esame di maturità, alla fine del liceo, lamenta l’ostinazione con cui viene perseguitato da sogni di angoscia, dall’incubo di essere stato bocciato, o costretto a ripetere l’esame, eccetera”. Nel suo libro più popolare, L’interpretazione dei sogni, Freud dedica un capitolo a quelli che chiama i “sogni di esami”: all’“angoscia dell’esame”, quel “dies irae dies illa dei nostri studi” in cui si risvegliano e intensificano le paure e le memorie infantili di misfatto e castigo. Quando non siamo più studenti, scrive Freud, “l’inesorabile catena causale della vita reale si prende cura della nostra successiva educazione e noi sogniamo la maturità (e chi non ha tremato all’occasione, anche se era ben preparato?) ogni volta […] che sentiamo il peso di una responsabilità”. Freud fa anche notare che “i sogni della maturità li fanno solo le persone che l’hanno superata brillantemente e mai quelle che sono state respinte”. E ne deduce che questi sogni siano messaggi di incoraggiamento: nell’esame di maturità l’inconscio individua l’occasione primaria del nostro passato in cui una grande angoscia si è vista ingiustificata e contraddetta dai fatti.
Freud aveva naturalmente sperimentato di persona l’intera sindrome: sia i sogni d’angoscia legati alla maturità, sia l’angoscia primaria di quell’esame, a sua volta legata ai timori infantili di punizione da parte degli adulti — genitori o maestri che fossero — di cui si serve l’inconscio in quegli incubi “consolatori”.
Era nato nel 1856. Sostenne l’esame di maturità a diciassette anni, nel 1873. Se consultiamo il protocollo del Leopoldstädter Communal-Real- und Ober-Gymnasium zu Wien del luglio di quell’anno e decifriamo la minuta calligrafia inclinata che trascrive le prove sostenute “mit Auszeichnung”, “con onore”, dall’alunno “Freud Sigmund aus Freiberg, Mähren”, scopriamo qualcosa di interessante. In quell’esame il testo di greco da tradurre era un brano dell’Edipo Re di Sofocle; per la precisione, i vv. 14-57, quelli in cui il sacerdote, proprio all’inizio della tragedia, scongiura l’eroe Edipo, tra mille encomi della sua prodezza, di liberare la città di Tebe dal flagello che la sta annientando: la peste. Quella stessa peste, possiamo notare, che definirà, nelle parole pronunciate da Freud all’imbarco per l’America, la psicoanalisi stessa.
Fu un caso che proprio quello che Freud chiamerà “complesso di Edipo” sarà in seguito l’elemento cardine della teoria psicoanalitica? Forse sì. Se guardiamo i programmi scolastici del tempo, e in particolare l’Auszug aus den Jahresberichten von Freuds Gymnasium 1868-1873 (Wien II), ritrovato in un deposito sotterraneo dell’Università di Vienna, vediamo che il numero di autori greci e latini che si studiavano (ossia traducevano e leggevano in metrica ad apertura di pagina, e a volte si portavano a memoria) era enormemente maggiore di quello che oggi si studia non solo al liceo, ma anche all’università. Freud leggeva correntemente la lingua dei tragici. E’ vero che di Sofocle, nel programma obbligatorio, non compariva l’Edipo re. Ma fu lui stesso a decidere di leggerlo “per sé” (“für mich lesen”), come apprendiamo in una lettera a Flüss, nel marzo di quell’ultimo anno di liceo. Non fu certo dunque l’esame di maturità a fargli conoscere quel testo.
Eppure, come Freud esplicita nella sua teoria dei “sogni d’esame”, esiste un legame speciale, profondo, tra ciascuno di noi e il nostro esame di maturità. L'incontro ravvicinato con l’Edipo re poteva essere già avvenuto prima, come Freud stesso testimonia, ma non avere segnato con altrettanta forza quella parte recondita della psiche, che in seguito avrebbe scoperto e chiamato inconscio. E quando l’inconscio è in azione, come Freud stesso insegna, non esiste casualità. La conferma può trovarsi nelle righe in cui l’inventore della psicoanalisi descrive l’esame di maturità in una seconda lettera a Emil Flüss. Ancora più preziose per comprendere l’inestricabile legame del suo pensiero con la formazione classica sono le lettere a Wilhelm Fliess, apparse in edizione integrale solo nel 1985 e forse per questo non abbastanza considerate nella biografia scritta da Ernest Jones negli anni 50.
Per inciso, anche la scoperta dell’inconscio, la più grande, forse, del nostro tempo, si specchia nell’avventura degli scavi in cui Heinrich Schliemann, proprio durante gli anni di liceo di Freud, aveva portato alla luce il sito dell’antica Troia. Per il giovane Freud, come per tutta la sua generazione, quell’impresa aveva portato alla cultura classica che già dominava la Schulbildung dell’Austria Felix una ventata di avventurosa attualità. Senza considerare l’immensa popolarità che Schliemann si era guadagnato soprattutto tra i giovani non possiamo capire come, perché e soprattutto quanto la sovrapposizione psicologica tra lo scavo della città di Troia — o meglio della stratigrafia di città costruite l’una sulle rovine dell’altra che quel carismatico dilettante aveva disseppellito sulla sponda asiatica dei Dardanelli — e lo scavo della psiche umana fatto da Freud peserà sulla scoperta di un’“archeologia” e di una “stratigrafia” della psiche, che sarà esplicitamente ispirata a quella di Troia e che come gli scavi dell’antica Ilio omerica riguarderà ciò che tecnicamente, in psicologia, si chiama “il profondo”.
Ma torniamo a Edipo. Oggi la maggior parte dei candidati alla maturità classica sarebbe, davanti a un compito come quello assegnato allo studente Freud Sigmund, ben più angosciato di lui. Il Freud diciassettenne apparteneva a quella categoria di persone che alla maturità arrivano, come scrive nell’Interpretazione dei sogni, ben preparate. Lui e i suoi compagni di scuola vivevano immersi in un’infosfera antica. La lingua greca, nello stagliarsi delle maiuscole epigrafiche, nel flettersi delle legature corsive, nell’inarcarsi degli esametri epici, nel precipitare dei trimetri giambici, nell’intrecciarsi dei metri lirici, pindarici, corali, era il loro codice. L’antichità era l’interfaccia che frapponevano al mondo contemporaneo, elaborando un immaginario antico nel quale proiettavano i problemi del presente e anche le sue frustrazioni.
La vicenda dell’uomo assediato da un complesso esterno e apparentemente collettivo di eventi negativi, da una piaga del mondo che lo circonda e che apparentemente non ha nulla a che fare con lui, ma che anzi è chiamato a sanare da eroe qual è considerato da se stesso e dagli altri; la fatica dell’uomo che proprio nell’intenzione di guarire quella piaga la scopre prodotta da un complesso interno e in realtà personale di eventi oscuri, sconosciuti, incompresi; l’agnizione dell’uomo che si è macchiato dell’uccisione del padre e dell’incesto con la madre e con questo ha maledetto tutto il mondo in cui vive; la tragedia, insomma, di Edipo, che Sofocle narra nei termini rituali dell’anima antica e che Freud rivisita nella sua esplorazione moderna della psiche, “positiva” ma indelebilmente influenzata dagli studi classici, non è l’unica che l’inventore della psicoanalisi avrebbe potuto utilizzare per prima. Come Jung e poi Hillman ma già anche la successiva teorizzazione freudiana ci hanno insegnato, ogni mito è metafora e dispiegamento di una condizione psichica; gli dèi e gli eroi dell’Olimpo dell’antica Grecia e del suo repertorio scenico sono tornati al mondo moderno “come sintomi”, dopo essere rimasti lungamente inabissati. Eppure, fu il mito di Edipo, tra i molti di cui si tesse la nostra psiche, che Freud pose a primo fondamento della sua costruzione teorica.
E poiché la teoria di Freud riguarda la psiche di ognuno di noi, è bene prepararsi all’esame di maturità non solo come a un temibile giorno del giudizio, non solo come a quel “dies irae dies illa dei nostri studi” che risuscita i fantasmi dell’infanzia, non solo come alla prova che il nostro inconscio continuerà a riproporci in sogno, insinuando in noi il dubbio di non averla superata solo per prepararci meglio a tutti gli altri esami ai quali la catena di eventi della vita ci sottoporrà. E’ bene anche sapere che quel momento, quel compito apparentemente formale e rituale di affrancamento dalla vita ‘immatura’, potrà rivelarsi insospettabilmente creativo e far maturare nel profondo di noi la ghianda di un destino impensato.