L'uomo del futuro ricomincia dal Pelide Achille
Dimenticate il bruno e virile Russell Crowe. Il nuovo mito maschile è biondo, femmineo ma palestrato, narciso. Proprio come gli eroi ora riproposti (a cominciare da Brad Pitt) dal cinema, ma evocati anche da libri, fumetti, moda. E la complessità dei mond
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Quando il capo gli aveva tolto la ragazza, aveva fatto la scena isterica più famosa della storia. Briseide gli piaceva molto. Era bella, di buona famiglia, una maga nei massaggi. E poi l’aveva conquistata lui, con la sua prodezza. Nessuno, nemmeno lui, sapeva quando sarebbe sbollita l'ira ostinata che lo aveva preso. Né che sarebbe stata così funesta e dolorosa da mandare all’altro mondo non solo tanti valorosi commilitoni, lasciando i loro corpi in pasto ai cani, ma anche il suo amante. Patroclo. Ne valeva la pena, per una femmina?
Quello tra i due cugini era un rapporto perfetto. Tra i due Achille era il più giovane, ma anche il più virile. Prendeva spesso in giro Patroclo: «Mi sembri una bambinetta che corre dietro alla mamma e vuole farsi prendere in braccio». Ma sarebbe stato lui a piangere come un bambino quando glielo avrebbero portato esanime sulla barella, tutto sporco di sangue. Avrebbe ululato di dolore per tutta la notte, tenendogli le mani appoggiate sul petto. «Caro, caro», lo avrebbe invocato, anche se lui non poteva più sentire. L’alba lo avrebbe trovato singhiozzante abbracciato al suo cadavere.
Vedete in questa parte Brad Pitt? No. ha ragione Eva Cantarella a lamentarsi sul Corriere della Sera che in Troy, il film di Wolfgang Petersen sull'Iliade, la parte del biondo figlio di Peleo e Teti sia andata a quel ragazzone dalle labbra tumide e dal sorriso accattivante. Achille non sorrideva mai, aveva labbra sottili chiuse in una linea crudele. Era fortissimo ma talmente femmineo che a Sciro era riuscito a travestirsi da donna senza farsi sospettare da nessuno.
Se vogliamo figurarcelo, dobbiamo pensare se mai al Peter O’Toole di molti decenni fa, che oggi ha, nello stesso film, il ruolo di Priamo. O a Leonardo Di Caprio, che non a caso è stato scelto da Baz Luhr mann per il ruolo di quel replicante di Achille che fu Alessandro Magno, il conquistatore macedone che sul mito dell’eroe omerico calcò la sua personalità e il suo impero.
Alessandro dormiva con l’Iliade sotto il cuscino. Prima di iniziare la sua irresistibile penetrazione dell'Asia si era fermato in pellegrinaggio sulla tomba di Achille. Come lui Alessandro era biondo e chiaro di pelle, atletico e contemporaneamente femminile, risoluto e nevrotico. Come Patroclo il suo amante, Efestione, era più grande di età e di statura, tanto che, si dice, la regina di Persia si inchinò a lui anziché ad Alessandro quando gli fu presentata.
Oliver Stone, che sta finendo di girare il più atteso dei film su Alessandro, ha tinto di biondo Colin Farrell, lo ha depilato e ringiovanito tanto da farlo sembrare figlio della coetanea Angelina Jolie. Stone, che notoriamente ama le provocazioni, ha deciso di raccontare la sessualità di Alessandro in modo esplicito. «Be', ovviamente era bisessuale», ha dichiarato Farrell. «Era così a quei tempi la società». Non l’avesse mai detto. Il profilo apollineo di Alessandro è stato adottato come logo di Gayheroes.com, il più celebre dei siti gay. Mentre il ministero della Cultura greco, inorridito, ha ritirato la cooperazione al film di Stone.
L’enfant gàte che suo padre aveva voluto allievo di Aristotele, che mescolava in sé bellicosità e cultura, eversione e rispetto della tradizione, è oggi, secondo la stampa statunitense, «the hottest cultural icon», l’«icona culturale del momento». Intanto la Alexandros Foundation, un'opulenta fondazione greco-americana, ispirandosi ai monumentali volti dei presidenti scavati nella roccia del Mount Rushmore, ha progettato di scolpire a forma di faccia di Alessandro la montagna di San Giorgio in Macedonia. Dopo anni di preparazione e raccolta di fondi, stanno per avere inizio i lavori che produrranno, a giudicare dalla maquette, una specie di involontario colossale Savinio, visibile dalle isole dell'Egeo al Monte Athos.
Criptonazionalismo macedone? Può darsi. Ma non ha nulla a che fare con i problemi politici balcanici l'insperato successo di Sulle orme di Alessandro il Grande, la serie mandata in onda dalla Tv americana. O il fatto che Mei Gibson, dopo il trionfo di Passion, abbia progettato una miniserie di dieci episodi sulla vita di Alessandro, Fuoco dal cielo.
Perché tanta attenzione per Alessandro? Perché nella storia del sovrano macedone, narrata nei volumi dell'Anabasi di Alessandro di Arriano tempisticamente in uscita per la Fondazione Valla, serpeggiano temi inequivocabilmente attuali. Tanto per cominciare il confronto-scontro tra civiltà occidentale e orientale, le basi ideologiche e strategiche dell’impero globale, i dispositivi per «vincere la pace» tra popoli ostili, la capacità di creare modelli politici ibridi, la possibilità di innestare l’eredità della cultura greca, e quindi anche almeno in parte dell'antica democrazia, sulla millenaria tradizione del dispotismo asiatico.
Sono in effetti molte le cose che la monarchia di Alessandro ha da insegnare agli occidentali, e in particolare agli americani: dalla politica di rimescolamento etnico tra le élites dell’impero multirazziale alla creazione di una rete amministrativa efficiente su un territorio tanto esteso quanto condizionato da secoli di personalismi e faide interne. Alessandro resta il primo termine di paragone storico per chi oggi voglia pronunciarsi sulla controversa, ipotetica alternativa tra uno scontro di civiltà e una esportazione della democrazia in oriente. Al di là degli elementi leggendari del solare, apollineo imitatore di Achille. I peplum sull’antica Roma, dal Gladiatore a Titus fino al patetico Augusto televisivo, proponevano al loro sterminato pubblico virili maschi latini bruni e brutali alla Russell Crowe. La nuova ondata di kolossal dedicati alla Grecia antica corregge il tiro e propone, con Achille e Alessandro, un modello maschile per il quale una locuzione terribile è stata coniata ed eletta «parola dell'anno del 2003» dalla prestigiosa American Dialect Society. E’ «metrosexual» e sta a definire appunto il maschio femmineo ma palestrato, languido ma narciso, capriccioso. L'unico capace, nella débacle generale, di tenere testa alla donna emancipata e onnipotente prodotta dal Secolo Breve.
Pensiamo al calciatore Beckham, muscoloso e sposato, che si fa fotografare con le mèches e le unghie laccate. 0 a Jude Law, in grado di passare dalla parte di lord Alfred Douglas, l’amante di Oscar Wilde nell’omonimo film di Brian Gilbert, a quella di eroe della guerra civile americana innamorato di Nicole Kidman in Cold Mountain di Anthony Minghella. 0 come a Daniel Day Lewis, gay platinato in My Beautiful Laundrette di Stephen Frears, crudele macellaio in Gangs of New York di Martin Scorsese.
«I giovani devono studiare gli antichi greci per non scoraggiarsi di fronte al futuro», ha temerariamente dichiarato all’Unità la novantenne grecista Jacqueline de Romilly, che ha fondato un'associazione per salvare l'insegnamento del greco (www.sel.fr) e lanciato quest'anno sul Figaro un appello firmato da decine di migliaia di persone. Ma ha anche ammesso che «le lingue classiche hanno perso la loro battaglia nelle scuole».
Il fatto è che quando il mondo della cultura lancia appelli è segno che la causa è persa. 0 meglio lo sarebbe se, oltre agli eroi del cinema, un altro eroe, ancora più giovane di Alessandro e Achille, non si fosse messo a parlare greco. La traduzione in greco antico di Harry Potter sarà distribuita nelle librerie di tutto il mondo a partire dal 10 luglio. Areios Potter suonerà il nome del protagonista, mentre il suo avversario si chiamerà «Pholidomortos» e il Quidditch, lo sport preferito nella scuola di magia, «Ikarosfphairik».
Ma il greco è entrato nelle librerie anche in un modo molto meno innocente. Nel suo best-seller Girls (Lain-Fazi), Nic Kelman, il nuovo enfant prodige della letteratura erotica americana, alterna le imprese epiche del protagonista a caccia di lolite con brani dell’liade e dell’Odissea. Il morboso io narrante si cimenta in amatoriali dissertazioni linguistiche su Omero e su Saffo. Dell’eros greco lo attrae quel senso del possesso fisico che, come cantava Battiato, «fu prealessandrino».
L’erotomane Kelman non è un grecista, e neanche un conoscitore dei molti e profondi studi che l'an-tropologia del mondo antico ha dedicato all’argomento. Ma ha afferrato uno dei punti nodali del revival greco. «I greci antichi», sostiene, «non avevano una parola per l’amore romantico. Quando parlavano o scrivevano della relazione tra un uomo e una donna usavano parole che significavano "possedere”. Molto raramente usavano il più impegnativo termine "unirsi”. L’esempio più sensazionale di questo utilizzo è quando le ossa di Achille e Patroclo vengono unite nella morte».