Eroe equivoco, la sua scia arriva a Hitler
Arminio, il mito non c'è più
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“Varo, ridammi le mie legioni!”. Augusto sbatté la testa contro la porta, narra Svetonio, alla notizia atroce di quel settembre nero dell’anno 9: il massacro di tre intere legioni, il suicidio collettivo del generale Publio Quintilio Varo e dei suoi ufficiali dopo l’imboscata tesa nella foresta di Teutoburgo da una coalizione di tribù germaniche ribelli. Hermann/Arminio dai lunghi capelli, come lo cantò Ovidio, che le aveva capeggiate genialmente anche perché da ex-ausiliario conosceva bene l’esercito romano, divenne un eroe nazionale. L’impero di quei conquistatori che si credevano “civilizzatori” (Velleio Patercolo) fu marchiato a fuoco dalla sconfitta, che impose il limes reno-danubiano a autolimitazione perenne della colonizzazione romana nel continente europeo.
Il ricordo di Teutoburgo risuonerà lungo tutto il medioevo, nella Canzone dei Nibelunghi e nella leggenda di Sigfrido, informerà il mito di nascita di un popolo. “Più pericolosi sono i Germani con la loro libertà che non i Parti con il loro regno”, aveva scritto Tacito, contrapponendo nella sua polemica la virtuosa purezza di quel popolo autoctono incontaminato e libertario alla corruttela morale e al servilismo del melting pot della classe dirigente romana. Dopo la riscoperta della Germania di Tacito nel Rinascimento europeo, l’identità della nazione tedesca e l’insidioso mito di un’intrinseca purezza e superiorità della sua razza si formerà intorno al ricordo dell’umiliazione inflitta all’impero mediterraneo: “Hermann vinse la battaglia, / i romani vennero scacciati, / Varo fu sconfitto con le sue legioni, / e noi siamo rimasti tedeschi”, scriverà Heine. La clades Variana di Teutoburgo, anche grazie agli studi di Mommsen, diventerà la bandiera della politica unificatrice bismarckiana. E le sue derive arriveranno al nazismo, intriso della certezza dell’invincibilità e incontaminabilità del popolo tedesco.
Se la scoperta archeologica di Nordheim dimostrerà, come gli studiosi annunciano, che l’invalicabilità del limes germanico non fu assoluta e perenne, ma che una significativa penetrazione romana nella Germania orientale ebbe luogo in età tardo imperiale, qualunque ne siano l’entità e il contesto effettivi, forse non sarà, come si autoproclama, la scoperta del secolo, ma servirà a smantellare anche agli occhi dei molti quel complesso e stratificato sistema di certezze che insinuando la propaganda ideologica nella storia ufficiale la rende sempre e comunque, per citare Luciano Canfora, storia falsa.