Silvia Ronchey

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Attualità e rubriche

Il diavolo col volto di Pan

Lettere da Bisanzio

11/02/1999 Silvia Ronchey

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Avvenire

Il Jesus patibilis avverte Agostino, «pende da ogni ramo». Gesù è l’elemento luminoso, il simbolo di tutta la Luce che patisce nel mondo. Il cristianesi­mo fa parte di una tradi­zione di cui il platonismo è in Occidente l’espressio­ne più complessa. A Bisanzio, per tutto il Me­dioevo e durante i secoli della turcocrazia, questo lato del paganesimo fu amorevolmente traman­dato negli scriptoria mo­nastici: l’esegesi dei teùrgi a Omero, col suo gro­viglio di miti e dei olim­pici da allora in poi sog­getti alla metamorfosi al­legorica e anagogica; Platone e i neoplatonici, custodi del risvolto astrale e matematico di quegli stessi miti, una sa­pienza del cosmo che li le­gava, come ha raccontato José de Santillana nel Mulino di Amleto, alla tradizione atavica delle religioni dell’Oriente, al­le quali attinse anche il cristianesimo.
Per quale motivo il cri­stianesimo ha dato al dia­volo l’aspetto di Pan? È un fatto che il diavolo ab­bia, come il dio greco, pie­di caprini, capelli e bar­ba. Pan ha una natura animale e in greco Pan è il «tutto».
Nelle radici manichee e gnostiche del pensiero cristiano è quindi la na­tura stessa a divenire dia­bolica e maledetta. Il mondo animale e vegetale, la ter­ra e ciò che è legato al corpo be­stiale e terreno dell’uomo, come il cibo, il sesso o la procreazione„ non apparten­gono alla Luce e non sono redi­mibili.
«Alberi senza dèi» si in­titolava l’articolo con cui Guido Ceronetti esordì a questo proposito come el­zevirista un quarto di se­colo fa. Il più nascosto ge­nocidio che il nostro seco­lo di genocìdi ha prodot­to nonostante tutto non è umano: è quello degli alberi.
L’abbando­no della natu­ra, la distruzio­ne delle foreste, il collasso eco­logico del pia­neta provengo­no dalla diserzione dai miti che la tradizione aveva posto a loro custo­dia.
È una denuncia alla quale aveva già dato vo­ce Goethe nel Faust II, vv.11.119-11.134. Hillman, il grande psicanalista jun­ghiano, in un recente col­loquio ha così fotografa­to il problema: «C’è stato un momento, alla fine del mondo antico, in cui la percezione della natura è cambiata. Allora è stato lanciato un grido, riecheggiato dalla filosofia dell’800: Pan è morto. Non si credette più che la natura potesse parlare. Il mondo, gli alberi, le roc­ce, l'acqua e i fiumi erano stati creati da Dio, non erano divinità di per sé. C’era un solo Dio, lassù, che aveva mandato suo Figlio sulla terra, e quel credo si era sostituito a tutti gli altri. Uno degli antichi teorici del pensie­ro cristiano ha detto che dobbiamo tenere ogni pensiero prigioniero per Cristo, intendendo con ciò che ogni percezione ri­guardante terra, rocce, fori, il mattino, l’alba ha comunque a che fare con il mistero della vita e dev’essere recepita secon­do la fede cristiana. Se­condo questo credo, il Fi­glio è morto per i nostri peccati: per questo tutti gli altri dèi dovevano spa­rire. E infatti sono spari­ti. Si sono nascosti sotto­terra per riapparire, co­me ha detto Jung, soltan­to nelle nostre malattie. Sono stati rimossi e, come ha detto Freud, il rimos­so torna sempre. Dove ri­tornano oggi gli dèi? Ri­compaiono come sintomi psichici».

 


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