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Attualità e rubriche

I libri censurati di Fozio

Lettere da Bisanzio

08/11/1998 Silvia Ronchey

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Avvenire

La biblioteca bizantina, che al­la metà del Quattrocento Bessarione aveva affidato a Ve­nezia, salvando dall'apocalis­se turca i più importanti libri greci e in particolare i testi sa­cri del neoplatonismo, si rivelò una fonte prodigiosa e infini­ta di sorprese bibliografiche. Come da una sca­tola cinese, poco meno di un secolo più tardi, uscì fuori un nuovo contenitore: un libro intito­lato a sua volta Biblioteca- o myriòbiblon, al­la lettera «millelibri» - che conteneva a sua vol­ta una folla di autori greci creduti dispersi. Erano i primi anni del Concilio di Trento e quei testi perduti si rimaterializzavano agli occhi increduli degli umanisti cinquecenteschi, la cui felicità sarebbe stata perfetta se la Biblioteca emersa da quella di Bessarione non risultasse opera di un autore «diabolico», su cui pendeva l’anatema dei papi e incombeva il veto della gerarchia cattolica controriformista. Fozio, il «pri­mo Lutero», era il patriarca di Costantinopoli che in pieno Medioevo aveva messo in discus­sione il primato del vescovo di Roma, quando, nel IX secolo, l’impero bizantino era la superpotenza del Mediterraneo e il dominio dei papi, in confronto, un modesta provincia
Oltreché per i papi, Fozio era stato eretico rispetto alla sua stessa eresia. Il Concilio che a Bi­sanzio lo aveva condannato colpiva l'eccesso di umanesimo, la troppa tolleranza intellettuale del patriar­ca. Nel IX canone di quel Concilio si parla di una «cerchia» di adepti, ed è stato recentemente scoperto (da Guglielmo Cavallo e da Niccolò Zorzi) che nel Mar­ciano gr. 450 (A) di Fozio, capostipite della tra­dizione manoscritta, il colossale in-folio recu­perato da Bessarione, l’esemplare elaborato in­torno a Fozio in persona, si alternano ben sette mani diverse: una squadra all’opera per sal­vare dalla censura e dunque da un totale e de­finitivo naufragio tradizionale, una serie di te­sti antichi al limite dell'eresia. La Biblioteca di Fozio non è allora solo lo schedario di un uomo appassionato della Biblioteca ad accorgersi e a compiacersi ad esempio del riferimento, nel capitolo su Clemente Romano, ai «mondi oltre l’O­ceano»: che questo tema abbia non poco a che fare con l’eresia è dimostrato dalle leggende e dalle interdizioni sulle Colonne d’Ercole, evo­cate nella tradizione letteraria medievale.
Occorrerà aspettare ancora un secolo perché Fozio, nell’età degli Indici, di­venga, proprio attraverso la sua Biblioteca e il culto entu­siastico che suscitò nella tollerante comunità internaziona­le e interconfessionale dei dot­ti, il simbolo di una nuova concezione della religione e della cultura, dello Stato e della sua politica, agli inizi dell’Europa moderna come spiega La bi­blioteca del Patriarca Fozio censurato nella Francia di Mazzarino (Salerno, pp. 260, lire 20.000), un magnifico libro appena pubblicato da Luciano Canfora.
Alla metà del Seicento Versailles si ispirò al cesaropapismo bizantino. Nella nuova Fran­cia la monarchia assoluta di diritto divino ven­ne a reincarnare, di fatto, Bisanzio. Fu così che la personalità del controverso patriarca bi­zantino divenne simbolo del complesso insieme di licenze ideologiche rappresentato da Bisan­zio, il primo Stato moderno laico, per la nuova Europa copernicana emancipazione politica affrancamento della censura, legittimazione di un clero colto e bibliofico, cui affidare non solo la conservazione e trasmissione del patrimonio librario, ma tutta la complessità dell’elabora­zione del pensiero.


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