Silvia Ronchey

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Attualità e rubriche

Gli animali in Paradiso?

Lettere da Bisanzio

10/12/1998 Silvia Ronchey

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Avvenire

«Nel Millennio a venire gli animali saranno i nostri nuovi parenti». Mangiare carne animale diverrà raro, circoscritto, circondato da cautele rituali, così come il cannibalismo nelle popolazioni tribali primitive. Clau­de Lévi-Strauss, nella sua più recente intervista, ha sintetizzato la sua posizione sul rapporto tra uomo e animali: «Nel pensiero degli amerindi, alle origini dei tempi gli animali e gli uo­mini non soltanto formava­no un’unica famiglia, ma non esisteva una vera di­stinzione tra i due gruppi. Questa distinzione, e quindi la possibilità per gli uomini di cibarsi degli animali, è emersa solo in una seconda fase. Si tratta di un proces­so non molto differente da quello che possiamo leggere nell’Antico Testamento. Nel giardino dell'Eden, all’origine dei tempi, Adamo e Eva erano totalmente vegeta­riani. Fatto molto curioso, l’uomo diviene carnivoro so­lo uscendo dall'Arca di Noè. Dopo quella fase di intima convivenza che si era venu­ta a creare all'interno del­l’Arca durante il diluvio universale, i due gruppi si se­parano ed è allora che Dio, colui che può tutto, l’onni­potente, dà il permesso, o addirittura l’ordine, o quasi, di nutrirsi di carne animale. Poi ci fu la questione del­la Torre di Babele. Alla se­parazione di uomini e ani­mali seguì quella degli uo­mini stessi separati dalle di­verse lingue. Si potrà mai riper­correre all’indietro questa se­quenza di scis­sioni e ricostrui­re un giorno l’u­nità primordia­le? Lo desidererei molto».

«Prima o poi l’uomo, se vorrà procla­marsi civile, dovrà regolare con delle leggi i suoi rapporti con gli animali», diceva Gui­do Piacene. L'idea della fine del primato dell’uomo, ben prima che della fine del mondo, è la più unanime forma di escatologia novecentesca: l’unico punto su cui si tro­vano d’accordo Nietzsche e Witt­genstein, l’esisten­zialismo materia­listico e il pessimismo gnostico, il panteismo cosmi­co dei neo alchimi­sti dell’omeopatia e il sussulto ecologico degli animalisti, che si ispirano al­la filosofia antica dei plato­nici e degli stoici. La parità dì status degli animali nella gerarchia degli esseri nel­l’ordine etico e in quello so­ciale, annunciata dal vacil­lare dell’antropocentrismo nelle filosofie che dalla metà dell’Ottocento ripresero a elaborare il buddhismo, a partire da Schelling fino a Bergson, è un'opinione oggi ampiamente condivisa: an­che grazie alla divulgazio­ne dello spiritualismo tardottocentesco nel New Age e al crescente successo delle fi­losofie orientali, che metto­no alla pari tutti gli esseri, non solo gli animali ma an­che le piante e perfino i mi­nerali, i cristalli, nell’inces­sante ciclo delle vite.

Ha scritto Schopenhauer: «Un errore fondamentale e assolutamente inspiegabile del cristianesimo è quello di avere staccato l’uomo dal mondo degli animali, al quale esso appartiene, dan­do valore esclusivamente al­la specie umana e conside­rando le bestie addirittura come cose». Con il suo im­manentismo - una forma di panteismo - non è stato for­se bruciato Giordano Bru­no? Forse oggi potrebbe di­venire il simbolo di quanti affermano la possibilità di far coincidere con il creato­re tutta la creazione, di quanti annettono allo spiri­to anche il vivente non umano. Come lo staretz Zosima, erede della tradizione sapienziale bizantina, nei Karamazov di Dostoevskij (citato da Enzo Bianchi a p. 50 del suo ultimo libro, Al­trimenti): «Fratelli amate le bestie: Dio ha dato loro il principio del pensiero e la gioia pacifica Uomo, non in­nalzarti sugli animali!».


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