Silvia Ronchey

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Noi e gli antichi

Grecista sbigottita per Troy e invidiosa per le treccine di Agamennone

22/05/2004 Silvia Ronchey

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Il Foglio Quotidiano

Cosa sarebbe successo se Mel Gibson in "The Passion" si fosse ispirato ai van­geli quanto Troy all'Iliade? Per comincia­re, avrebbe sfoltito: troppi dodici apostoli, meglio ridurli a due. Per ringiovanire la trama, la Madonna avrebbe pugnalato Giuda, mentre Pietro avrebbe sfidato Caifa a duello. Maddalena avrebbe sedotto Pilato, il Cireneo sarebbe diventato coprotagonista. E non ci sarebbe stato biso­gno di scomodare Dio.
E' più o meno quello che hanno fatto Wolfgang Petersen e il suo furbo sceneg­giatore David Benioff. Intanto, via gli dèi, a parte la stramba Teti-Julie Christie, che si aggira raccogliendo conchiglie come una vecchia hippie inglese insabbiata a Goa. Paride, nel duello con Menelao, non viene salvato da Afrodite ma da suo fratello. Poi, morte ai cattivi. Menelao, in Omero desti­nato a una lunga vita, viene inaspettata­mente fatto fuori da Ettore. Perché conce­dere ad Agamennone il privilegio di essere ucciso al ritorno da Troia dalla fedifraga Clitennestra? Meglio farlo sgozzare nella città in fiamme da un’eroina inventata.
Per favore, più simmetria nella trama. Due fratelli dominano la Grecia? Anche a Troia Priamo non ne ha procreati cinquan­ta ma solo due, uno posato e sposato, l'altro play boy. Una love story lega il play boy troiano a una principessa greca? Ce ne vuo­le una parallela tra un palestrato greco e una principessa di Troia. Ed ecco il gay Achille, trasformato dallo script in macho romantico, progettare con una single brut­tina ma di carattere, Briseide, una fuga d'amore in barca speculare a quella che ha portato Elena a Troia.
Peccato, perché cancellando l'omoses­sualità di Achille e Patroclo non si capisce come mai il primo rinunci al romantico progetto per vendicare la morte del secon­do, in Omero più grande di lui, nel film teenager lentigginoso e femmineo che l'e­roe cerca di invirilire con le arti marziali. Quando muore, le due monete che gli met­te sugli occhi sembrano fette di cetriolo contro le occhiaie.
I biondi Atridi, Agamennone e Mene­lao, sono due vecchi rissosi e patibolari, sfregiati e sovrappeso. Portano sugli stin­chi pelosi minigonne che non si possono permettere e nei capelli impagabili trec­cine rasta. Aiace Telamonio è un incrocio tra Mastro Lindo e l’Incredibile Hulk, brandisce un martello, emette solo gru­gniti. Non si capisce come farà a pronun­ciare frasi cosi sensate nell'omonimo script di Sofocle.
Lo sbarco computerizzato degli Achei a Troia è un remake in costume dello sbarco in Normandia. Però i Mirmidoni sono una marmaglia, sembrano gli Hell's Angels. "Che cosa vuole ogni uomo?", riflette il lo­ro giovane capobanda Achille. “Io ne voglio di più”. Brad Pitt, il Più, è un attaccabrighe, ha un profilo da pianeta delle scimmie e stivali da motociclista. Nell'intimità porta un kimono giapponese. La sua famosa ten­da è invece in stile sioux, con tappetini da yoga su cui dorme con due squaw alla vol­ta. Prima, naturalmente, di essere redento da Bridget Jones-Briseide.

Clima da Conan il Barbaro

Se in campo acheo il clima è da Conan il Barbaro, nella rocca di Troia trionfa il new age. Solo il colore dei caftani, blu anziché arancione, distingue i troiani da una setta tantrica. Onorano il Sole. Si riuniscono in­torno a una Jacuzzi circondata da fiaccole. Andromaca, la più bella della comunità, ha lunghi capelli all’henné e orecchini india­ni. Quando lo scialbo Ettore viene ucciso in duello sotto gli occhi di tutti, i blu non per­dono la loro intontita soavità.
Mentre fra i greci delle odalische arabe fanno la danza del ventre, a Troia hanno as­soldato delle contadine sarde che tarantellano per accogliere Elena al ritmo di una co­lonna sonora celtico-beduina. La figlia di Le­da e del cigno, la prima Femme Fatale del­l’occidente, "colei che incantava il cuore de­gli uomini", abbina alle sottovesti sexy la faccia banale di una fotomodella di intimo. "La ami veramente?”, domanda al figlio il grande Peter 0’ Toole. Le gambe storte, i ric­ci scolpiti dal gel e i lineamenti grossolani nonostante gli sforzi dei truccatori, non si ca­pisce come Paride possa essere stato conte­so da tre dee. Quando il padre gli consegna solennemente la "Spada di Troia", lo spet­tatore finalmente si raccapezza: la guerra di Troia è un'ennesima puntata di Excalibur. Il sequel è garantito, intuiscono i più smagati, quando nel fuggi fuggi generale Paride in­contra un ragazzotto semiebete che sorregge un vecchio: “Come ti chiami?”. "Enea!".
Solo così una tradizione di trenta secoli poteva essere digerita dal pubblico moder­no? I veri vincitori nella saga di Troy sono i parrucchieri: dove avranno trovato quei de­liziosi, luccicanti fermatreccine a forma di fusillo?


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