Silvia Ronchey

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Recensioni

La cattedrale sommersa. Alla ricerca del sacro perduto

03/01/2018, Claudia Gualdana
Il Foglio

Se c’è un filo nell’antico labirinto di contiguità tra oriente e occidente, Arianna ne ha tratto in salvo Teseo. Fuor di metafora, che qui di Teseo non si tratta, ma della cattedrale sommersa, ossia “l'ininterrotta corrente circolare che dall'India al Bosforo trasmetteva ai millenni un’unica sapienza sull’essere", Silvia Ronchey intendeva svelare gli scambi culturali tra i due mondi e vi è riuscita. Con semplicità: il libro raduna articoli usciti sulla Repubblica dal 2014 al 2017, ma paiono studiati per dimostrare una teoria. Ovvero: l’assioma ideologico dello scontro di civiltà non esiste, se non nelle menti ottuse dei terroristi e dei soloni del nostro mondo. Non siamo stati sempre in guerra, lo dimostra una certa cultura che sotto la parvenza rituale ha sempre visto l'unità sostanziale di ogni tradizione. Non a caso, un capitolo è dedicato al rimpianto Elémire Zolla, che di tale unità fu cantore. Se le cose stanno cosi, quid est veritus? come titola il capitolo in cui Pilato rivolge la celebre frase a Gesù, che del patto tra occidente e medio oriente è il cuore. Ronchey riporta l’anagramma che della frase fece sant'Agostino traendone abilmente la risposta: est vir qui adest, “è l'uomo che è qui”. Ma non si creda di risolvere la bimillenaria tenzone foriera di scambi culturali nella figura di Cristo. Quando i terroristi islamici hanno distrutto i Budda di Bamiyan, senza saperlo hanno ferito un santo cristiano. La notizia merita di essere riportata perché è ignota ai più: il buddismo non è arrivato in Europa nel Seicento, con il gesuita Matteo Ricci. Un certo Gesù Budda è venerato dal seco­lo Undicesimo a Bisanzio, tanto che gli fu dedicato un libro. Storia di Barlaam e loasaf. In un dipinto, compare assiso con le gambe incrociate sul fior di loto, ma sul petto porta una croce. Tant’è che, nel 1583, il cardinale Baronio si risolse a includere loasaf nel Martirologio romano come san­to. Che dire, poi, della mezzaluna ottoma­na? La luna è simbolo primigenio della grande madre, viva nei culti precedenti i monoteismi. E' poi transitata ai piedi della Madonna, di dove rammenta la dea egizia venerata nella Roma pagana, Iside. Sicché il   monoteismo più misogino, l'islam, si è ritrovato quale emblema un simbolo pret­tamente femminile.
La storia segue strade imprevedibili. E se le Crociate sono state uno scontro vio­lento, sappiamo bene che ne discese linfa nuova per la cultura europea. Che le cose stanno cosi lo ha insegnato anche l’epopea di Alessandro Magno, i cui soldati, una vol­ta giunti in India, nel profilo orgiastico di Shiva ravvisarono i tratti malandrini di Dioniso. Non serve, tuttavia, andare trop­po lontano. Quando festeggiamo il Natale, entriamo ignari nella festività del dio Mi­tra, giunto da oriente e abbracciato in fretta dai legionari, e nelle sepolte cele­brazioni del dies Natalis Solis lnvicti, il sole. Così come i Re Magi, tanto amati dai bambini per i doni e i fascinosi turbanti, testimoniano la lode persiana tributata a Gesù bambino. 


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