Mete Grand Tour. L'enigma della Flagellazione. L'interpretazione dell'opera nel saggio
01/06/2010
È un’opera enigmatica, la “Flagellazione”. Silvia Ronchey, docente di Civiltà bizantina presso l’Università degli Studi di Siena, offre la sua interpretazione nel saggio L’enigma di Piero (Rizzoli, 2006), che prende le mosse da un’ipotesi di Kenneth Clark, uno dei più grandi studiosi di Piero della Francesca, poi sviluppata da Carlo Ginzburg. Nel volume, che si basa su documentazioni offerte dalla recente bizantinistica, sono messi in relazione la conoscenza storica e prosopografica di Bisanzio negli anni 50 del 400 e l’attività di Piero della Francesca. «La mia – spiega l’autrice – è una lettura in chiave bizantina che parte dalla ricostruzione del l’importanza nello scacchiere “internazionale” di Bisanzio al momento della sua caduta, nella cerniera tra l’evo antico e l’evo moderno». Il quadro è di viso in due. «Nella parte destra, a mio avviso, abbiamo da sinistra il Bessarione, tutore degli interessi di Bisanzio presso la curia pontificia e gli stati occidentali e, a destra, Niccolò III d’Este, padrone di casa della seduta iniziale del Concilio di FerraraFirenze del 143739 che doveva celebrare l’unione delle Chiese d’Oriente e d’Occidente. Al centro, Tommaso Paleologo, l’ultimo erede della dinastia dei principi Paleologi. I tratti somatici del giovane biondo corrispondono alle raffigurazioni di Tommaso in nostro possesso». Determinanti sono poi il color porpora della sua veste e i piedi scalzi che, per Silvia Ronchey, confermano il fatto che si tratti del porfirogenito, dell’erede al trono di Bisanzio, in attesa di indossare i calzari, anch’essi color porpora, simboli del potere. «A suffragare la mia interpretazione c’è, inol tre, il parallelismo visivo, certificato da studi sul quadro, tra la figura di Tommaso e quella del Cristo flagellato nella parte sinistra». Cristo che, dunque, assurge a metafora «di una Costantinopoli non ancora caduta, ma gravemente minacciata dai Turchi». All’estrema sinistra dell’opera, Giovanni VIII Paleologo, che guidava la delegazione orientale al Concilio, «seduto sul trono di Ponzio Pilato in qualità di rappresentante dell’Impero romano». Il vero soggetto non è dunque la flagellazione, ma il conciliabolo tra i tre personaggi perché, come conclude Silvia Ronchey, «il Concilio era il presupposto fondamentale per una politica del papato e delle potenze occidentali in soccorso di Bisanzio». Il tema dell’opera è dunque il salvataggio di Bisanzio.