S. Ronchey, Il “salvataggio occidentale” di Bisanzio. Una lettera di Enea Silvio Piccolomini e l’allegoria pittorica di Bisanzio nel primo Rinascimento, in C.A. Maltezou e P. Schreiner (a cura di), Bisanzio, Venezia e il mondo franco-greco (XIII-XV secolo) (Atti del Colloquio Internazionale organizzato nel centenario della nascita di Raymond-Joseph Loenertz O.P., Venezia, 1-2 dicembre 2000), Venezia, Istituto Ellenico di Studi Bizantini e Postbizantini, 2002, pp. 125-150 e 529-544
Al centro di quest’ulteriore contributo dedicato alla talora misconosciuta presenza della questione d’Oriente, dell’impero bizantino e dei suoi rappresentanti nella pittura del primo Rinascimento italiano è anzitutto l’interpretatio byzantina della Cavalcata dei Magi dipinta da Benozzo Gozzoli nella Cappella Medicea di Palazzo Medici-Riccardi a Firenze. L’analisi iconografica degli affreschi è legata a quella del retroterra storico-politico contemporaneo alla loro committenza: il progetto di un “salvataggio occidentale di Bisanzio”, caldeggiato da Bessarione e dalla componente grecofilo- umanistica della curia romana, con in testa Nicola Cusano, ma soprattutto da Enea Silvio Piccolomini, che convocò a questo scopo nel 1459 — lo stesso anno in cui vennero eseguiti gli affreschi — la conferenza di Mantova.
Alla luce del progetto di rifondazione dell’impero in Morea e della crociata indetta a Mantova da Pio II si chiariscono le alleanze dinastiche degli ultimi Paleologhi con le signorie italiane, progressivamente costituitesi in vero e proprio “clan filobizantino”, e il ruolo giuridico, anche ideologico e simbolico, di cui Pio II investì il porfirogenito Tommaso Paleologo – destinato al trono della Nuova Bisanzio – nella sua permanenza in Italia.
I potenti riflessi di queste vicende e la celebrazione e riproposizione, in occasione del concilio di Mantova, delle concertazioni politico-religiose elaborate esattamente vent’anni prima durante il concilio di Firenze-Ferrara, si colgono nella pittura coeva: nella Flagellazione di Piero della Francesca, nel Corteo dei Magi di Andrea Mantegna e con forse ancor maggiore evidenza nella Cavalcata di Benozzo. Quest’ultima potrebbe conservare anche uno dei “ritratti occulti” di Tommaso Paleologo (individuati con certezza in altre committenze artistiche di poco successive, anzitutto in quelle di Pio II), o più propriamente una sua effigie simbolica, incarnata forse nel giovane “capocaccia” biondo con ghepardi, da sempre oggetto di perplessità e dispute tra gli studiosi.
Se l’analisi del ritratto si avvale del confronto con la Flagellazione di Piero, la presenza di Tommaso Paleologo al concilio di Firenze è suggerita da testimonianze storiografiche finora ignorate o sottovalutate, come quella del Chronicon minus di Sfrantze o del Diario di Pero Tafur. Completa il contributo un ricco apparato iconografico.
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