Imagine. La preghiera universale
Quando uscì, nel 1971, erano tempi di lotta ideologica e violenza politica E questa canzone si presentò come l’utopia illuminista di una pace globale da conquistare comprendendo che la condizione umana è uguale per tutti
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Quando Imagine uscì, nel 1971, erano tempi di lotta ideologica e di violenza politica. Ma le aspre frasi che John Lennon diffondeva nell’etere con studiata dolcezza (“Imagine è un inno antireligioso, antinazionalista, anticonvenzionale e anticapitalista”, avrebbe dichiarato, “e viene accettato solo perché è sugarcoated, coperto di zucchero”) non avevano il timbro dell’ideologia, bensì quello dell’utopia. L’utopia illuminista di una pace universale resa possibile dalla presa di coscienza collettiva, filosofica prima che politica, della condizione umana. L’utopia stoica, o buddhista, che proprio la comprensione della sua impermanenza possa non peggiorare ma migliorare i comportamenti della società umana, nel vivere “solo per l’oggi”. L’utopia che gli abitanti del pianeta (a milioni, in quell’anno e poi nei molti a venire, trasportati da quelle note) aprano gli occhi a una realtà esistenziale da millenni nota ai filosofi, ma alle masse ancora preclusa dagli schemi delle fedi pervasive, terrene o ultraterrene, ancora in lotta fra loro nella seconda metà del Novecento. Immaginate che non esistano né paradiso né inferno, né patrie né possessi, nulla per cui uccidere e morire, nessuna religione. Che di queste costruzioni umane si possa fare a meno. “Nasciamo nel dolore”, dichiarava John Lennon a Rolling Stone nel 1970, subito dopo il distacco dai Beatles, “e siamo immersi nel dolore per la maggior parte del tempo. Più grande è il dolore, credo, più abbiamo bisogno di dèi". Non solo quelli delle religioni tradizionali, ma le nuove divinità del consumo, i nuovi eidola della società capitalista. Ma se lo realizziamo, se lo interiorizziamo, possiamo salvarci. L’intensità di quella che resta la più radicale preghiera mai trasmessa urbi et orbi, propagata ovunque dalle onde della radio prima che da quelle del wifi, avrebbe trasmesso il suo messaggio, come Lennon diceva, “sigillato in una glassa di miele” e perciò non ancora veramente dischiuso. La gentile armonia di quel mantra avrebbe valicato le generazioni, sarebbe diventata jingle, carillon, intermezzo familiare che si ascolta quando si è messi in attesa al telefono, inno al quale in molti paesi è riservato rispetto pari all’inno nazionale. Imagine avrebbe decalcato subliminalmente e democraticamente nella psiche collettiva una più laica immagine del mondo. E in questo senso sì, lo avrebbe cambiato.