Per Pitagora la vita è un numero e l'universo è musica
TTL - Cl@assici
Pitagora fu il primo filosofo. Inaugurò l'uso di questo nome, applicandolo a se stesso, e fornì utili spiegazioni circa il suo significato. Fu l'inventore di quella che gli antichi chiamavano "la vita pitagorica", come racconta il suo seguace bizantino Giamblico.
Secondo Pitagora, le anime arrivano alla vita nel modo in cui la gente va a una festa. Vi affluiscono persone di ogni genere, ognuna con un suo fine diverso: chi per mettere su bancarelle, chi per mostrare i muscoli. E c'è poi un terzo tipo di persona, che va alla festa solo per guardare. Così, c'è chi vive per arricchirsi, chi per acquistare potere, e poi c'è un terzo, bizzarro tipo d'uomo, che ha scelto la contemplazione.
Quest'uomo Pitagora lo chiama "il filosofo" e lo considera il tipo più puro.
Secondo Pitagora il cosmo è un'armonia scandita sul ritmo dei contrari: limite e illimitato, dispari e pari, destro e sinistro, maschio e femmina, in quiete e in movimento, diritto e ricurvo, luce e tenebra, bene e male, quadrato e rettangolo. La salute del corpo, così come quella dell'anima, risiede nell'equilibrio tra gli opposti. La medicina e la filosofia servono a ristabilire gli equilibri turbati.
Secondo Pitagora tutte le cose sono numeri: ogni cosa, infatti, può essere rappresentata da una successione di punti. Alcuni numeri hanno particolari poteri e ogni cosa della vita si identifica con un determinato numero.
Pitagora studiò le relazioni tra i corpi celesti e i rapporti numerici delle lunghezze delle corde della lira. Stabilì che, se tutte le cose sono numeri, tutti i numeri sono note; che l'universo è musica; che vi sono dieci corpi celesti, i quali ruotano intorno al sole e producono una melodia, che si può ascoltare di notte.
Secondo Pitagora l'anima è immortale e ha molte vite e trasmigra dall'uno all'altro essere. Secondo Senofane, un poeta itinerante, una volta Pitagora vide maltrattare un cagnolino e supplicò di risparmiarlo perché nella sua voce aveva riconosciuto, disse, l'anima di un suo amico.
La parola di Pitagora era dotata di un potere rasserenante e ammonitore che influiva anche sugli animali. Sussurrava all'orecchio dei buoi, parlava la lingua delle aquile. Catturò un'orsa che sterminava la popolazione e dopo averla accarezzata a lungo le diede da mangiare focacce e frutti e le fece giurare che non avrebbe più toccato un essere umano. L'orsa tornò nei boschi e non assalì più non solo gli uomini ma neppure gli animali. Divenne vegetariana come tutti i pitagorici, per non rischiare di essere mangiata alla sua prossima incarnazione.
Pitagora e i suoi seguaci non mangiavano fave e persuadevano gli animali a non mangiarle. Sul perché di questo divieto si discute da duemilacinquecento anni, senza successo.