Le crociate. Cronache di conquiste e commerci | Enea Silvio Piccolomini. Sognando l'invasione dell'Islam | Scott Fitzgerald. La caleidoscopica età del jazz
TTL - Zig Zag tra i Cl@ssici
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Per un grande bizantinista, Steven Runciman, le guerre di religione con cui dall'XI al XIII secolo gli eserciti occidentali cercarono di scalzare il dominio musulmano in Terrasanta furono l'ultima invasione barbarica. Se si abbandonano la prospettiva eurocentrica e l'ottica papista, non può non emergere la cruda realtà di un movimento di conquista territoriale e di espansione commerciale, ai danni non solo delle popolazioni islamiche ma anche di quelle cristiane: ad esempio dei bizantini, come dimostra la Quarta Crociata con la sua devastante conquista di Costantinopoli. Le cronache di Robert de Clari e Goffredo di Villehardouin, che la narrano da parte franca, sono oggi raccolte nel Meridiano Mondadori "Crociate" (a cura e con introduzione da Gioia Zaganelli, 1925 pp., 49 euro): una lettura indispensabile, in questi tempi di scontro di civiltà.
"La storia è una tenda dipinta che nasconde quella terribile porta verso il passato che tutti noi dobbiamo attraversare", scrive Francis Scott Fitzgerald nei suoi Taccuini. La penna del più geniale scrittore della Generazione Perduta vi depositò riflessioni strepitose e annotazioni fulminee. "Gli occhiali di Thornton Wilder nella luce rosata", Thomas Wolfe "nato durante un Gran Premio", Ernest Hemingway "alto solo un metro e novantotto centimetri" vorticano nel caleidoscopio dell'Età del Jazz: questo il titolo che Edmund Wilson diede agli scritti sparsi di Fitzgerald, composti tra il 1931 e il 1937 e raccolti in volume nel '45, dopo la morte del loro autore. Sono oggi riproposti dagli Oscar Mondadori (397 pp., 7,80 euro) nella traduzione un po' ellittica di Domenico Tarizzo.
Tre anni dopo la caduta di Costantinopoli venne eletto papa un uomo dal viso imbronciato, largo e giallognolo, gli occhi scuri e attenti sotto pesanti palpebre da rapace notturno. Proveniva da una famiglia di antica nobiltà senese decaduta ed esiliata. Era stato ordinato prete solo pochi anni prima. Si chiamava Enea Silvio Piccolomini. Era uno scaltro stratega, un temibile oratore, un letterato ironico e colto. Aveva fatto politica in modo funambolesco, senza smettere di scrivere opere multiformi. Tre anni prima di essere eletto papa compose uno strano dialogo, ispirato, disse, a un sogno, certo al trauma per l'avvenimento più agghiacciante del suo tempo: il dilagare dell'Islam nel Mediterraneo, in cui vedeva i prodromi della fine dell'Occidente. Il Dialogo su un sogno del futuro Pio II è oggi pubblicato da Aragno (385 pp., 15 euro) nell'edizione erudita di Alessandro Scafi.