Huysmans, l'esteta che voleva far andare a ritroso la Storia
TTL - Cl@assici | Scrittore, occuitista, anacoreta, era un raccogtitore di relitti: sui bordi della Senna, amava comprare oggetti liturgici, rottami di un vascello fantasma, la Chiesa, di cui ancora lo estasiava il fruscio di simboli
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Joris-Karl Huysmans fu uno scrittore, un occultista, un anacoreta, un esteta, un vice capufficio del Ministero degli Interni. Venne alla luce da una ruga medievale di Parigi, la rue Suger, nell'anno in cui la borghesia francese credette, salendo sulle barricate, di far fare un balzo in avanti alla storia. Huysmans visse cercando di farla andare all'indietro, a ritroso, nei suoi scritti. Huysmans amava l'arancione. L'occhio delle persone deboli e nervose, di chi è sovreccitato ed estenuato, predilige quasi sempre, riteneva Huysmans, questo colore dagli splendori fittizi, dalle febbri acide. "Huysmans è un occhio", scrisse Gourmont. Huysmans in realtà era martirizzato da tutti i cinque sensi. Era dispeptico e anoressico. Non avrebbe voluto introdurre nel suo corpo l'impurità del cibo. Non finiva i piatti. Lo terrorizzava il color ebano del brodo rigurgitante di rigaglie, iridato in superficie da onde violaceo-dorate, disseminato di occhi di topazio. Lo disgustava il rosso innaturale dell'agnello à l'anglaise, che colava sotto la lama del cuoco in larghe gocce sul molle cremisi della mousse di rape. I menu dei ristoranti della rue Saint-André-des-Arts gli ricordavano i venefìci dei rituali manichei e catari, che esprimevano la corruzione della materia. Per Huysmans tutto il cibo era violenza, putrescenza, sterco. Huysmans era un raccoglitore di relitti. Dai robivecchi sui bordi della Senna amava comprare oggetti liturgici, ora un messale, ora un ostensorio, ora una pianeta, rottami di un vascello fantasma, la chiesa, di cui ancora lo estasiava il fremito di simboli. Un giorno trovò un medaglione con un frammento d'ostia segnato da una macchia di sangue a forma di cuore. Huysmans aveva pelle da fiammingo, naso da avvoltoio, occhi grigio lavanda colmi di irritazione e stanchezza. Come le statue dei filosofi greci aveva una vasta fronte corrugata e la barba. La conversazione dei salotti letterari lo snervava. La banalità delle idee gli piagava l'epidermide, gli faceva dolere le giunture del corpo. Nei giorni di temporale ricorreva al bromuro. In un primo tempo Huysmans credeva si potesse accedere a dio dalle latrine dello spirito. Le sue due ultime amanti furono Berthe e Anne. La prima era una sacerdotessa di Iside, lo iniziò alla magia nera e alla cabala. Fu internata in manicomio per "gesticulation érotique". Anne era una sartina, anche lei fu internata, ma per schizofrenia. Huysmans per onorarla firmò col suo nome il proprio autoritratto. Huysmans si ritirò nell'abbazia benedettina di Ligugé. Se avesse continuato a cedere alla lussuria e restare a Parigi, Dio non avrebbe senza dubbio insistito. Ma credette di amare gli enigmi di pietra delle facciate, la penombra delle navate, il fruscio delle antiche stoffe. In monastero cercò la sua confortevole Tebaide. Non la trovò. Lo irritava l'arredamento. Secondo Huysmans i conventi pullulano di larve, incubi e succubi, diavoli minori generati dai peccati della mente. Si appassionò al fantasma di una santa di nome Lydwina, che aveva chiesto a un angelo il permesso di dissetare il confessore con il latte del suo seno. Quando la Francia denunciò il Concordato e gli ordini religiosi furono espulsi, fu un sollievo. La Madonna volle punirlo. Un giorno di primavera la morte lo afferrò alla gola al numero 31 della rue Saint-Placide, il patrono di san Benedetto.
IL LIBRO
Joris-Karl Huysmans, La cattedrale di Chartres, a cura di Roberto Rossi Testa, prefazione di Franco Cardini, Nino Aragno Editore, 115 pp., 8.26 euro