Empedocle: l'uomo puro diverrà veggente, poeta, capo, immortale
TTL - Cl@assici | Era un taumaturgo, un necromante e uno psicagogo, si congedò non visto, nessuna mano umana lo seppellì, nessun occhio vide le sue ceneri: si gettò, freddo, nell'Etna bollente
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Empedocle di Agrigento fu un poeta e un mago, oppure, come altri dicono, un filosofo della natura. La sua terra, tra le acque in tempesta dello Ionio e i lampi di fuoco dell'Etna, non vide mai fenomeno più immenso, più sacro, più strano o più caro di quell'uomo. Sembrava a stento della nostra razza. Era stato del resto già ragazzo e ragazza, albero, uccello, pesce muto che guizza dal mare.
Secondo Empedocle i capelli, le foglie e le piume degli uccelli sono un'unica cosa. Per le cose mortali non c'è nascita, né fine che le distrugga, ma solo mescolanza, e quella separazione di cose mescolate che dagli umani è chiamata nascita. Acqua, aria, terra e fuoco sono in sé stessi uguali e eterni, ma si aggregano e coagulano in composti mutevoli, come il caglio fissa e lega il bianco latte. Tutti gli esseri rinascono continuamente in una diversa forma, e non esiste il niente, non sarà mai vuota l'eternità infinita. Come erano, così saranno.
Le cose, alberi, umani, fiere, uccelli e pesci, nascono dal Dissidio dell'Odio e dell'Amore. Nell'uno tutto è difforme, nell'altro tutto si riunisce, perché ogni cosa muore di desiderio per l'altra. Ahimé o infelici, gridava Empedocle, o lacerati mortali, da quali spasmi, da quali singhiozzi siete nati!
Secondo Empedocle gli umani sono nepioi: piccoli, deboli e poco perspicaci. Le forze diffuse nelle loro membra sono anguste, molti mali estenuano i loro pensieri. Sono rapidi a morire, e in vita non scorgono che una piccola parte della vita. Svaniscono come fili di fumo e il più difficile, per loro, è capire questo, che prima di essere formati per la morte e dopo essere stati nuovamente dissolti non sono nulla.
Empedocle era un taumaturgo, un necromante e uno psicagogo. Apprenderai, diceva ai suoi discepoli, quanti sono i farmaci contro i mali e contro la vecchiaia, placherai la furia dei venti che devastano i campi, asciugherai la scura pioggia, farai scaturire correnti dall'arsura, susciterai dall'Ade lo spirito di un morto.
Empedocle ammirava la sapienza sovrumana di Pitagora e raccomandava di seguire scrupolosamente i suoi divieti. "Sciagurati, del tutto sciagurati", gridava, "tenete le mani lontano dalle fave!". Si asteneva dal cibarsi di creature animate. Quando vinse alle Olimpiadi la corsa coi cavalli, plasmò un bue di mirra, di incenso e di aromi e lo distribuì agli astanti. Se uomini, fiere, alberi, pesci vivranno puramente, diceva, diverranno veggenti, poeti, medici e capi sulla terra, e infine dèi immortali.
Empedocle era solito indossare una veste di porpora e calzari di bronzo e una fascia splendente intorno ai capelli mentre camminava per le strade dei greci componendo inni. Diceva Aristotele che soffrisse di melancolia.
Sia lecito ai poeti il suicidio. Il poeta non vuole essere salvato e chi lo fa vivere è come lo uccidesse. Non deve invecchiare, contare i giorni, avere paura, soffrire malattia. Empedocle si congedò non visto. Nessuna mano umana lo seppellì, nessun occhio vide le sue ceneri. Si gettò, freddo, nell'Etna bollente. Era caro alla luce e alla terra,e tornò Spirito del Mondo saltando nel vulcano.
IL LIBRO
Empedocle, Frammenti e testimonianze, a cura di Angelo Tonelli, testo greco a fronte, Bompiani, 282 pp., euro 9,50