La lezione di Nietzsche: creare è l'unica liberazione dal dolore
TTL - Cl@assici | Amava la tragedia e la musica, Teognide e Diogene Laerzio: un giorno andò in gita a Colonia e fece visita a un bordello, una prostituta gli trasmise il germe della sacra fottia di Dioniso
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Friedrich Wilhelm Nietzsche era un filologo classico. Amava la tragedia e la musica, Teognide e Diogene Laerzio. Un giorno andò in gita a Colonia e fece visita a un bordello. Una prostituta gli trasmise il germe della sacra follia di Dioniso. Nietzsche si addormentò. Si svegliò su una montagna deserta. Aveva in mente una canzone: “Profondo è il dolore / Il piacere più profondo / Il dolore dice: passa|! / Ma ogni piacere vuole eternità”. Si sentì stufo della sua saggezza, come l’ape che ha accumulato troppo miele. Era un calice che vuole ridiventare vuoto, e lui voleva ridiventare uomo. Così cominciò il tramonto di Nietzsche.
La nausea per l’uomo era il suo pericolo. I contemporanei gli sembravano estranei e risibili. L’uomo, pensò, è più scimmia di qualunque scimmia. L’uomo deve essere superato. Anche colui che è più saggio non è che un dissidio, un ibrido fra la pianta e lo spettro. E’ un fiume fangoso. Bisogna essere un mare, per potere accogliere un fiume fangoso senza divenire impuri. Nietzsche decise di insegnare agli uomini a superare l’uomo e a farlo divenire un mare.
Così Nietzsche diventò un profeta. A chi aveva ancora orecchie per l’inaudito parlò usando la lingua di Omero, di Pindaro e del Vangelo, Cantò usando i canti dei Nibelunghi, di Parsifal e di Tristano. Le sue meningi, da allora, furono le viscere del suo cuore.
Vide il futuro, previde come sarebbe stato l’ultimo uomo. La sua razza sarebbe stata inestirpabile. Avrebbe lavorato ancora, perché il lavoro intrattiene. Ma non sarebbe diventato più povero o più ricco. Entrambe le cose sarebbero state troppo fastidiose. Chi avrebbe voluto ancora governare? Chi ancora obbedire? Sia l’una cosa sia l’altra sarebbe stata troppo fastidiosa. Tutti avrebbero voluto gli stessi oggetti, tutti sarebbero stati uguali, e chi avesse sentito diversamente sarebbe andato da solo in manicomio.
Secondo Nietzsche Dio è una supposizione, un pensiero che fa storto tutto ciò che è diritto, è vortice e vertigine per le ossa umane, vomito per lo stomaco. Cristo, ammoniva, era morto troppo presto. Se fosse vissuto più a lungo avrebbe rinnegato lui stesso il proprio insegnamento.
Secondo Nietzsche, una volta lo spirito era Dio, poi si fece uomo e ora si sta facendo massa. Dio è morto e sono morti anche i sacrileghi che parlano di speranze ultraterrene. Avvelenatori, spregiatori della vita, moribondi e loro stessi avvelenati, la terra ne è stanca. Bisogna avere il caos in sé per poter partorire una stella danzante. Bisogna rimanere fedeli alla terra, perché la cosa più spaventosa è commettere sacrilegio contro di lei e dare alle viscere dell’imperscrutabile più importanza che al senso della terra. Il risvegliato, il sapiente, sa di essere in tutto e per tutto corpo e niente al di fuori di esso e che l’anima è solo una parola per un qualcosa del corpo.
Una volta Nietzsche scese dalla montagna in cui abitava e lungo il sentiero incontrò un nobile dal cognome altisonante. Costui un tempo aveva denigrato il suo primo libro, ma Nietzsche sapeva che bisogna avere solo nemici che siano da odiare e non da disprezzare. Rinunciò allora a passarlo a fil di spada e gli disse: “Io sono uscito dalla casa dei dotti sbattendo la porta alle mie spalle. Troppo a lungo la mia anima era stata seduta affamata alla loro tavola. Quando abitavo da loro, abitavo sopra di loro. Per questo me ne volevano. Ma gli uomini non sono uguali. Ciò che io voglio, loro non possono volerlo”. Ciò che Nietzsche voleva e quei dotti non sapevano volere era creare: è solo questa la grande liberazione dal dolore e l’alleviamento della vita.
IL LIBRO
Friedrich Wilhelm Nietzsche, Opere filosofiche, a cura di Sosio Giametta, vol. I, La gaia scienza, Idilli di Messina, Così parlò Zarathustra, UTET, 728 pp.