Flaubert: un asceta della scrittura, tra reliquie, pappagalli e Buddha
TTL - Cl@assici |«Non leggete, come fanno i bambini, per divertirvi, né, come gli ambiziosi, per istruirvi. No, leggete per vivere». Considerava la felicità un mito inventato dal diavolo per farci disperare
Articolo disponibile in PDF
Gustave Flaubert fu un eremita. La sua tonaca era una lunga vestaglia scarlatta. Per questo era chiamato l'Uomo Rosso. Imitò gli antichi monaci, mistici e ubriaconi. Secondo Flaubert la loro vita era uno schiaffo alla razza umana.
L'eremo di Flaubert fu un padiglione settecentesco dal tetto appuntito, a Croisset. Faceva colazione con un bicchiere d'acqua, la sua dieta non prevedeva carne. Diceva Flaubert: "Non leggete, come fanno i bambini, per divertirvi, né, come gli ambiziosi, per istruirvi. No, leggete per vivere".
Flaubert conservava reliquie: amuleti egiziani, piccoli coccodrilli disseccati, due piedi di mummia lucidati di nero dal lustrascarpe. Il suo dio era un Buddha dorato. Il suo protettore era sant'Antonio tentato nel deserto. La sua regola era sacrificare tutto all'arte. Il suo inginocchiatoio era un divano alla turca, su cui meditava fumando la pipa. Lo Spirito Santo era un pappagallo con le ali di porpora e il corpo di smeraldo.
Flaubert fu un pellegrino. Percorse a piedi la Turenna, la Normandia e la Bretagna. Salì sui Pirenei, esplorò la Corsica. Vide Costantinopoli. Cavalcò nel deserto egiziano. Per espiare la volgarità del mondo condusse una vita aspra, priva di ogni gioia esteriore, sostenuta solo da una rabbia permanente, a volte singhiozzante di impotenza. Il suo esercizio spirituale fu redimere le parole dal peccato più diffuso, la banalità. Gli antichi amanuensi avevano elencato nei loro codici gli errori che offuscano la rivelazione divina. Flaubert compilò un catalogo delle banalità che ottundono il suono della vita.
Flaubert fu un romanziere. Amava il lavoro della scrittura in modo frenetico e perverso, come un asceta il cilicio o come il monaco zen la disciplina del respiro. Secondo Flaubert una frase ha valore quando corrisponde a tutte le necessità della respirazione. Come gli antichi monaci miniavano i loro florilegi, Flaubert istoriò di correzioni i suoi manoscritti. Secondo Flaubert la correzione fa al pensiero quello che l'acqua dello Stige fece al corpo di Achille: lo rende invulnerabile.
Flaubert non credeva al successo: "Io miro più in alto, a piacermi. Fantasma per fantasma, preferisco quello che ha una statura più elevata". Flaubert odiò la borghesia: "Chiamo borghese chiunque pensi bassamente". Secondo Flaubert il mondo contemporaneo è ossessionato dalla felicità, un mito inventato dal diavolo per farci disperare. Diceva: "Se la felicità esiste è nel ristagno". I suoi romanzi furono parabole in cui non è mai prevista la salvezza.
Flaubert non teneva un teschio sul suo scrittoio ma spesso, guardando le donne, gli pareva di vederne gli scheletri. Fu un frequentatore di postriboli. Secondo Flaubert l'incedere delle prostitute discinte lungo i marciapiedi procura un'emozione simile a quella suscitata dai monaci in processione avvolti nel loro saio.
Le pagine di Flaubert sono ossari. Flaubert levigò i suoi libri a tal punto che non se ne possono trarre citazioni. Visse la sua vita in modo che nessun biografo avesse alcunché da raccontare. Secondo Flaubert l'artista deve fare in modo che la posterità creda che egli non abbia vissuto.
IL LIBRO
Gustave Flaubert, Viaggio nei Pirenei e in Corsica, a cura di I. Roventi, Moby Dick, pp. 128, euro 9.30