Kerouac: se l'America è un'ostrica la perla ti aspetta lungo la strada
TTL - Cl@assici | Romanziere, etilista, poeta, vagabondo, campione di football, mistico, buddhista e cattolico, debosciato e zen: inventò il termine 'beat generation' e ne fu vittima
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Jack Kerouac fu un romanziere, un etilista, un poeta, un vagabondo, un campione di football, un mistico. Si chiamava in realtà Jean Louis de Lebris Kerouak ed era nato a Lowell, Massachussets, ma era di origine bretone. Morì giovane e caro agli dèi a quarantasette anni.
Kerouac fu uno scrittore fin da piccolo, ma ebbe una borsa a Columbia solo come stella del football. Quando litigò con l'allenatore fu espulso dall'università e cominciò a vivere sulla strada. I suoi amici Allen Ginsberg, Lucien Carr, William Burroughs suonavano la chitarra, parlavano di Reich e Nietzsche, fumavano hascisc. L'intelligenza di Neal Cassady era diversa, uno scoppio sfrenato di gioia americana. Kerouac non chiedeva altro che sgattaiolare via nella notte e andare a vedere quello che tutti stavano facendo nell'intero continente. Cassady rubava automobili solo per il piacere di correre e non cercava niente, solo quel cibo di cui, come dice l'Ecclesiaste, "c'è la tua porzione sotto il sole".
Kerouac e Cassady videro l'intero paese come un'ostrica che potevano aprire; e la perla c'era. Viaggiarono per la sterminata provincia americana, dove la polvere sale alle stelle insieme a tutte le tristi musiche della terra. Andare, su autobus o su camion o su treni merci o su vecchie auto, fu il loro compito e la loro nobiltà. Sull'autostrada diritta tutte le macchine si staccavano da loro come mosche morte. Le esperienze erano piccole increspature nel lago capovolto del vuoto. Incontrarono allevatori vestiti da cow boy, straccioni dai lunghi capelli, suonatori neri di be-bop, bianchi fantasmi di impiccati, indiani dagli occhi di pietra.
Secondo Kerouac le onde sono cinesi, ma la terra è una cosa indiana. Il mondo è capovolto e il suo fondo è d'oro. Una sera si svegliò, ossessionato e stanco, in una locanda di legno scricchiolante. Kerouac si trovava a metà dell'America, al confine fra l'Est della giovinezza e l'Ovest del futuro. Inventò un nuovo modo di scrivere, che chiamò prosa spontanea. Scrisse "Sulla strada" di getto, su un unico rotolo di carta lungo come un antico papiro. Il rotolo non piacque a nessun editore. Per sette anni Kerouac lo portò nello zaino dovunque andasse.
Buddhista e cattolico, debosciato e zen, inventò il termine "beat generation" e ne fu vittima. Quando i suoi amici divennero famosi, il suo romanzo fu pubblicato, ma Kerouac era troppo intelligente per diventare un'icona beat. Perdonò a tutti, si arrese, si ubriacò. Non obbedì a nessuno stereotipo. Negli anni 60 fu un conservatore, sempre schierato contro le cause degli hippy. Al tempo della guerra del Vietnam fu un falco.
Una volta, a San Francisco, Kerouac corse verso un trampolino dal quale si tuffavano gli angeli per volare nel vuoto sacro. Innumerevoli regioni del loto sbocciavano in un magico sciamare di falene nel cielo. Sentì un indescrivibile rombo. Capì che era morto ed era tornato alla luce innumerevoli volte senza averne memoria. Capì che il lieve ondeggiare del nascere e del morire era come l'azione del vento su una distesa di acqua pura, serena, simile a uno specchio.
IL LIBRO
Jack Kerouac, Romanzi, a cura di Mario Corona, Meridiani Mondadori, 1626 pp., £ 95.000