Hölderlin, il destino di urlare e colpire con la poesia
TTL - Cl@assici | Compagno di studi di Hegel e Schelling. Fra i pochi sani di mente in un mondo di pazzi, la Germania romantica
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Friedirich Hòelderlin fu un giovane borghese deità provincia sveva delia fine dei Settecento. Da bambino comprendeva ii silenzio dell'etere, le parole degli uomini non le comprese mai. Il suo vero nome fu Scardanelli. La sua vera patria, la Grecia. Fu uno dei pochi sani di mente in un mondo di pazzi, la Germania romantica. Era compagno di studi e di stanza di Hegel e Scheiling. Insieme studiavano Kant. Il 14 Luglio 1793 innalzarono insieme, in un prato vicino a Tubinga, un albero delia libertà in ricordo deiia presa deiia Bastiglia. In seguito e per il resto delia sua vita amò Susette Gontard. Il cui vero nome era Diotima. Hòlderlin fu un poeta, un filosofò, un teologo, un precettore fallito, un professore mancato di letteratura greca. Tradusse Sofocle e Pindaro. Soffri di ma! di testa nervosi, di coliche biliari, di ipocondria e di quella che venne considerata una dissociazione del linguaggio insediata su una persistente malinconia depressiva.
In realtà. Hòlderlin voleva esprimere l'indicibile. Riteneva che il poeta fosse chiamato a rivelare agli altri esseri umani il segreto della catena aurea che stringe la natura, l'uomo e gli dèi nel legame dell'amore. Ma Hòiderlin dubitava della possibilità di tradurre in parole la lingua cifrata dell'universo. Secondo Hòiderlin la poesia è sempre tragedia, perché cerca di fissare in una forma il divenire nel momento della sua dissoluzione. Secondo Hòlderlin la poesia tenta di fissare le cose nell'attimo tra essere e non essere e permette così di vedere il divenire. Secondo Hòiderlin la poesia è dissoluzione e palingenesi. Il mito fondatore della poesia è quello della nascita di Dioniso, nato dalla distruzione della madre. Per questo la poesia è dominata dal non detto. Noi umani abbiamo perduto il linguaggio in una terra straniera, siamo un segno ininterpretato.
Hòlderlin fu internato nella clinica per malattie di mente del professor J.H. Ferdinand Autenrieth. Venne sottoposto a terapie calmanti a base di digitale e belladonna, e gli furono imposte la camicia di forza per non colpire e la maschera facciale per non urlare. Ma nessuno potè impedirgli di urlare e colpire con la poesia. Secondo Hòlderlin il poeta è l'unico filosofo e come Platone parla per miti. Secondo Hòlderlin gli umani vivono sull'orlo di un vulcano e cercare la vita è un desiderio orrendo che fa precipitare il sapiente nelle sue fiamme come Empedocle nella bocca dell'Etna. Ma, secondo Hòiderlin, dove c'è il pericolo cresce anche ciò che salva. A Hòlderlin piacquero Pindaro, la Bibbia, Platone, Schiller, Fichte, Hamann, Rousseau. Novalis, Herder, Parigi, Patmos, Rembrandt, Rubens, Kant, Spinoza, Leibniz, Salomone, Euripide.
Alla morte di Diotima i suoi versi divennero sempre più ermetici e i furori sempre più violenti. Si disse che quello strumento accordato in modo troppo sensibile fosse distrutto per sempre. I medici lo dichiararono incurabile. Fu affidato come Cristo alle cure di un falegname. Fu così che approdò a Patmos, una grotta scura, ospitale, anche se nuda, per un veggente amato da Dio. Il falegname lo alloggiò in una piccola torre annessa alla sua casupola in riva al Neckar. Molte strade senza ombra scrosciavano alle porte dell’Asia. Hòlderlin passò sulla torre il resto di una lunga vita suonando per giorni e notti il pianoforte e ritenendo di vivere nel sedicesimo o nel diciassettesimo secolo. "Poiché tutto è bene. Con questo morì". La Musa di Hòlderlin fu una Musa seria.
Il Libro: Friedrich Hótdertin. Poesie, a cura di Luca Crescenzi. BUR, pp.555, L.25.000