Borges, il guardiano cieco della letteratura
TTL - Cl@assici
Articolo disponibile in PDF
Jorge Luìs Borges era una Tigre splendente acquattata nella notte della letteratura del Novecento. Come Chesterton, come Lang, come Boswell e come Wilde, era uno di quei fortunati che possono fare a meno dell'approvazione della critica e anche, a volte, di quella del lettore. Come Joyce, come Goethe, come Shakespeare, come Dante e come Quevedo, era meno un uomo che una vasta e complessa letteratura.
Come per Platone la conoscenza è reminiscenza, per Borges la scrittura era riscrittura. Fra quanto scritto da altri e quanto andava scrivendo lui stesso non esisteva demarcazione. Borges era un oceano. I bizantini dicevano: “Omero è un oceano”. Alla fine della sua vita Borges fu cieco.
Secondo Borges la letteratura è sempre stata fantastica, perché è cominciata con le cosmogonie, con le mitologie, con i racconti di dèi e di mostri, con la Biblioteca di Apollodoro. Secondo Borges l'universo non ha né diritto né rovescio, né esterno muro, né segreto centro. Come diceva Cocteau di Robert de Montesquiou, Borges era il Minotauro che ha ingoiato il labirinto.
Borges concepiva la filosofia come perplessità, il pensiero come congettura e la poesia come massima forma di razionalità. Era un Poeta Minore dell'Antologia in cui sono intrecciati i fiori di tutti i tempi. Borges non amava I fiori del male di Baudelaire. Amava invece Alice nel paese delle meraviglie e Attraverso lo specchio di Lewis Carrol, Cervantes, Shakespeare, Poe, Conrad, il Ramayana, le Mille e una notte, il Biathanatos, il Barlaam e Ioasaf, il Portico, Hume, Agostino, Stevenson, Verlaine, Whitman, il Vangelo di Giovanni, il Beowulf, il Milinda Panha, Apollinaire, Pitagora, Shaw, Teocrito, Dante, il Corano, Joyce, Khayyam, Kafka, Keats, Kipling, Schopenhauer, Gòngora, Yeats, Averroè, Wells, Bloy, Coleridge, Valéry, Zenone, Dickens, Hugo, Hawthorne, Pascal, De Quincey, Quevedo, Silesio, Cartesio, Clemente Alessandrino, Melville, Beckford, Chesterton, Blake, Swedenborg e San Giovanni della Croce.
Borges era un Guardiano dei Libri. Amava dire che era meno orgoglioso dei suoi scritti che delle sue letture. Secondo Borges occorre leggere, scrivere, e poi stracciare ciò che si è scritto.
Le città preferite di Borges erano: Ginevra, Buenos Aires, Babilonia, Londra. Da giovane, come Villon, si sedette sulle rive del lago Lemano e pianse.
Borges era un Eresiarca. Secondo Borges il più grande pericolo per la letteratura è la politica e nessuno scrittore può appartenere a un partito politico. I comunisti lo consideravano un fascista, i fascisti un comunista. Borges era un anarchico individualista e amava i giochi di specchi.
Secondo Borges nessuno scrittore, fino al diciannovesimo secolo, ha mai sognato di essere un proprio contemporaneo. Secondo Borges l'impero romano non è mai finito, e noi ci troviamo in un punto qualunque della sua decadenza e caduta.
Secondo Borges i sogni sono reali come lo stato di veglia, il passato e la memoria di ognuno è reale e come diceva Joyce la storia è un incubo da cui cerco di svegliarmi. Per Borges come per Jung le invenzioni letterarie sono invenzioni oniriche. Borges si separò da una delle sue mogli perché non voleva ascoltare il racconto dei suoi sogni la mattina.
Secondo Borges il mondo, come diceva un filosofo, è volontà e rappresentazione, ma la parola tedesca Vorstellung si può tradurre anche "immagine" e "sogno": il mondo è volontà e immagine, volontà e sogno, perché la nostra volontà e il sogno sono la stessa cosa.
IL LIBRO
Jorge Luìs Borges, Altre inquisizioni, Adelphi, p. 244, £ 28.000