Un gesuita del Seicento inventò il cinema e il computer
TTL - Cl@assici
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Athanasius Kircher era un archeologo, un egittologo, un alchimista, un matematico, un astrologo, un musicologo, un linguista, un teratologo, un microbiologo, un inventore di macchine e di tecniche tra cui il computer e il cinema. La sua passione era trasformare la molteplicità in unità, affinarla, sublimarla e tramutarla in oro. Secondo Kircher tutti gli oggetti, dagli infimi ai siderei, sono segmenti di un'unica catena. Da adolescente era entrato nella Compagnia di Gesù. Athanasius Kircher fu un gesuita del Seicento, un eccentrico, un fou littéraire, uno scienziato.
Nel civile universo germanico degli astronomi e dei mistici, di Tycho Brahe e di Giovanni Keplero, di Jakob Boehme e di Angelo Silesio, Kircher era stato un imberbe professore di matematica. Incalzato dalla guerra, era fuggito nella barbara Roma dei Barberini, in cui dominava la Commissione per l'Indice, Galileo veniva processato da Bellarmino, l'antichità era stata riscritta negli Annali di Baronio in ossequio alla Controriforma e in antitesi agli storici tedeschi.
Dell'antichità Athanasius Kircher prese a studiare gli enigmi. Roma offriva al suo sguardo iniziato e allucinato un immenso lapidario, un labirinto di rovine, una foresta di simboli.
I gesuiti conducevano scavi nel sottosuolo dell'anima e negli strati della Città millenaria. Lo sguardo dei gesuiti si estendeva in tutte le direzioni, alle luci del passato, alla notte del futuro, alle profondità dei vulcani, alle orbite dei cieli, alle curve dei minuscoli geroglifici, ai giganteschi pendii dell'Asia.
I gesuiti missionari inviavano ad Athanasius Kircher mappe, trattati, formulari, spade, amache, cuscini, costumi, utensili sciamanici, idoli, olifanti, feti, scheletri, avori, coralli, fossili, animali impagliati, strumenti musicali, calendari, astrolabi. Dal sottosuolo di Roma emergevano occhi e serpenti di pietra, sfingi, obelischi, piramydia, clessidre e ogni sorta di antiche magie. Kircher pose tutto in un Museo di Meraviglie e lo collocò in un luogo artificiale, che i calcoli astronomici e gli scavi archeologici designavano quale plausibile centro del mondo. Si chiamava Collegio Romano, era nuovissimo. I giovani avventurosi di ogni nazione, che entrando nella Compagnia di Gesù avevano fatto dell'estetica e dell'avventura una religione e della religione un'avventurosa estetica, vi imparavano a decifrare i misteri del macrocosmo della natura e del microcosmo dell'anima, per la salvezza di entrambe.
Il Collegio Romano, tempio di Sant'Ignazio, era stato costruito con esattezza matematica sull'area dei templi egizi di età imperiale. Il perimetro delle sue mura coincideva con il recinto del Serapeo, sul cui corridoio si snoda la via Sant'Ignazio. Alla sua facciata corrispondeva, nel sottomondo, l'Iseo Campense. I culti di Serapide, dio del sole, e di Iside, dea della luna, avevano affidato alle viscere della città dei Papi e alle correnti sotterranee del Dio Fiume i suoi sistri d'argento e i suoi gatti di pietra. Gli antichi Lari egizi avevano disseminato la Roma barocca di statue cinte di nodi marmorei, di steli fitte di geroglifici.
Athanasius Kircher scavò nei segreti di una disciplina antichissima, la trasformò in cristiana e ne fece una metafora del lavoro del mistico sulla propria anima.
Secondo Athanasius Kircher l'arte alchemica si chiama Elia Lelia e discende dai patrizi romani. Nell'Edipo Egiziaco Athanasius Kircher interpretò la Tavola Smeraldina di Ermete Trismegisto e rifondò l'alchimia come Scienza dell'Estasi. Secondo Kircher ogni opera di manipolazione dei metalli ha una funzione metaforica e liturgica. Secondo Kircher la metamorfosi in oro degli elementi è simbolo della conciliazione delle diverse parti della psiche e del loro affinamento. L'Elia Lelia è l'arte della sublimazione di sé. In ciò gli esercizi alchemici di Athanasius Kircher non sono dissimili né dai trattati taoisti né dagli Esercizi spirituali di Ignazio di Loyola.
Il libro
Athanasius Kircher. Il Museo del mondo. Catalogo della Mostra (Roma, Palazzo Venezia, 28 febbraio-22 aprile 2001), a cura di Eugenio Lo Sardo, prefazione di Umberto Eco, Edizioni De Luca, 373 pp., £ 60.000