Platone secondo gli hippies
Lettere da Bisanzio
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Come l'ultima apparizione di un fiume carsico, affiorato già nell’Umanesimo fiorentino e nel Rinascimento, nei Rosacroce e in Goethe, una spiritualità occidentale alternativa riemerge dal mondo greco romano. La sua essenza è, sostanzialmente, il neoplatonismo, sostiene Giuseppe Conte nel suo libro II sonno degli dei, appena uscito da Rizzoli. Ritorna un’idea di anima, intesa come esperienza vivente. Riemerge la coscienza cosmica dell’antica gnosi, che ha percorso sotterraneamente il pensiero e la scienza occidentali sino a oggi, sino ai neognostici di Princeton.
Perfino la scienza sfida le due prime certezze del pensiero occidentale: la separatezza dell’io individuale, il potere assoluto dell’uomo sul pianeta. «È dal raffermarsi delle teorie di Galilei, Cartesio e Newton che la natura è diventata porgli uomini una realtà non vitale, fatta di forze e rapporti meccanici», come ha scritto D.H. Lawrence, ed è dalla rivoluzione industriale che il suo sfruttamento è divenuto piatto e sistematico. Ma solo negli ultimi decenni è apparso chiaro che la ferita alla terra può avere un esito mortale. L'inquinamento sarà il primo e più decisivo fattore dell’apocalissi.
Riferisce Conte che il cardinale Suenens pare abbia detto una Volta, come già Pletone, Bessarione e gli ultimi prelati greci prima della caduta di Bisanzio, che la prossima religione sarà una religione cosmica. I tratti della religio dell'uomo del futuro, gli stessi di cui già parlava Gioacchino da Fiore, e i segni di una rinascita spirituale, collegato dagli esoteristi al passaggio del sole dalla costellazione dei Pesci a quella dell'Acquario, si manifestano oggi nel diseguale fenomeno millenaristico denominato New Age.
Ma quei tratti erano già intuibili nell'utopismo messianico del movimento hippie anni Sessanta, che contestava il materialismo occidentale, la sua ipocrisia morale, l’autoritarismo patriarcale; che sperimentava conoscenze non più soltanto logico-razionali; che precorreva quel processo di distruzione di un ego bloccato e statico, che James Hillman ha chiamato «la Caduta dell'Impero Romano dell’Io».
Il Sonno degli dei è un libro dedicato all'intera categoria dell’apocalittico e dispiega programmaticamente l'intero orizzonte dei miti della Fine nelle grandi civiltà ancestrali, difformi non solo nelle immagini deliranti con le quali aboliscono il mondo, ma nelle leggi che prestano al suo divoratore, il tempo, e nei legami che tracciano fra materia e spirito e fra individuo e cosmo. Dalla Psicostasìa degli Egizi al Mictlan degli Aztechi, dall’ekpyrosis degli Stoici al rogo finale dei Germani, dal diluvio dei Sumeri a quello degli Ebrei, dall'avvento islamico del Dodicesimo Imam a quello zoroastriano di Saoshyant, fino al Secondo Avvento di Cristo.
All’Apocalissi giudeo-cristiana Conte presta la lettura di Lawrence, a quella egizia la sapienza di Eliade, a quella druidica il senso di una propria comprensione e adesione profonda, come se gli venisse da un’altra vita. Ma è alla dottrina del kalpa – l’eòne cosmico detto «giorno di Brahma», dopo il quale il dio si addormenterà e l'universo delle cose visibili verrà risucchiato in lui - che si intitola il libro: dunque all'induismo, religione del tempo ciclico e senza al di là, non a caso la più accettata dai moderni e lodata perfino dall'enciclica «Fides et Ratio».