Merton, un asceta a Broadway
Lettere da Bisanzio
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«L’inizio più abituale della contemplazione è quello che ha luogo attraverso un deserto di desolazione, dove, anche se tu non vedi nulla, non senti nulla, non sai nulla, e sei cosciente solo di una certa ansia e di una certa sofferenza interiore, tuttavia sei attratto e tenuto in questa tenebra e in questa aridità, perché è il solo posto in cui puoi trovare stabilità e pace. E’ Semi di contemplazione di Thomas Merton, uno degli Asceti Nascosti dei nostri tempi, il giovane mistico che all’inizio della Montagna dalle sette balze vaga nella nera, fumosa New York, «su quegli autobus che si prendono all’angolo di Broadway con la 110° Strada» alla ricerca del De diligendo Deo di San Bernardo: «Ma quando avevo trovato che l'unica copia buona era in latino, non l’avevo chiesta».
Deserto in greco si dice éremos, che significa «vuoto». Tra il quarto e il quinto secolo, all’inizio dell’età che chiamiamo bizantina, i primi monaci praticavano il deserto interiore scegliendo quello geografico, l’antica Terra Desolata. È stato uno storico marxista, Mazzarino, a paragonare la grande crisi della fine del mondo antico alla nostra presente. Antonioni leggeva i Padri del Deserto quando girava Zabriskie Point. «La nostra» ha scritto Merton «è certamente un’epoca di solitari e di eremiti. Ma il nostro mondo è diverso dal loro. I nostri lacci sono più stretti. Il rischio che corriamo è molto più preoccupante». Merton, Father Louis di padre pittore e madre quacchera, ammiratore di Blake e Pound e di Huxley filosofo, postgraduate di Cambridge, ex marxista, trappista a ventisei anni, vuole essere personalmente considerato un Padre del Deserto. Alla Tebaide di Bisanzio si è sostituito il deserto postnucleare del ventesimo secolo, l’abbazia di Gethsemani, Kentucky, è dislocata in un altro impero, allo scoccare degli anni Settanta, all’esplodere delle prime atomiche nell’atmosfera, al Lancio dei primi razzi nello spazio. Dopo La montagna dalle sette balze e Nessun uomo è un’isola la ristampa delle opere di Merton da Garzanti, che dagli anni Sessanta le ha in catalogo, si è ora fermata: «Il vantaggio commerciale non era eccessivo».
Ma è nella Saggezza del deserto, scelta o «Catena» dei detti dei Padri del Deserto bizantini uscita proprio nel 1960 e poi riedita da Guanda, che il transfert fra Bisanzio e il mondo attuale viene ammesso apertamente. Nello scritto che precede la raccolta, gli accenni all’imperialismo «che impone con la forza deterrente dei cannoni la confusione e l’alienazione» riguardano il mondo di Antonio e Serapione e insieme certo l’America della Guerra Fredda. E Merton ci trasporta dalla provincia egiziana degli asceti a quella grande-americana degli sciamani e degli shakers, interrogandosi candidamente se «qualche personaggio simile ai Padri del Deserto possa trovarsi fra gli indiani Pueblo o i Navaho»;o, testualmente, definisce gli anacoreti «pionieri in cammino».
Pessimista, apocalittico, precursore come nessun altro in questo secolo del lato profondo, spesso sottovalutato, dell’attuale movimento New Age, Father Louis amò l’Oriente e morì a Bangkok. Lo scorcio della sua esistenza trascorse in un’ascesi influenzata dallo yoga e dallo zen (Mistici e maestri zen, Lo zen e gli uccelli rapaci, Garzanti) nella convinzione che quella che chiama la Vita dei Solitari abbia cause comuni e passaggi obbligati, come nei deserti di Nitria e Sceta, di Tebaide e Calcide, dove muovendo dalle ricche ville dell’Aventino o dalle capanne copte, viaggiando tra le dune da soli o in gruppi, a piedi o su cocchi sormontati da baldacchini, passarono gli enfant gatés delia fine del mondo antico, destinati a divenire i primi grandi santi della «Nuova Epoca» medievale cristiana: le due Melanie, Paolino da Nola, le cugine Paola e Eustachio e il loro grande amico Girolamo.