L'Oriente del Re Sole
Lettere da Bisanzio
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Nel lV secolo Costantino I insediò la corte bizantina sulla rive del Bosforo, nel sito anticamente fondato dal mitico Byzas: di qui Costantinopoli, di qui Bisanzio.
Il Grande Palazzo fu ampliato ininterrottamente dagli imperatori e restò sede dell’autokràtor fino alla conquista turca e oltre, poiché Mehmet ll il Conquistatore vi insediò il Serraglio.
Le sue rovine, sebbene inghiottite e assorbite nella storia della città, segnano ancora a Istanbul un’area immensa.
A Costantinopoli furono edificati per uso di corte anche i palazzi di Boukoleon e Ormisdas nel V secolo e di Myrelaion nel X, i Mangani nell’XI, le Blacherne nel XII, il Tekfur Sarayi alla fine del XIII.
Nella topografia ideale bizantina quella di Costantinopoli era la corte della Seconda Roma: replica fedele della Prima, che decadeva insidiata dai barbari; capitale dell’impero ereditato dagli antichi romani.
Nella geografia del Mediterraneo Costantinopoli segnava l’istmo strategico fra Asia e Europa, testimone di ogni passaggio da Oriente a Occidente di sete, di oro e di spezie come di forme metriche o decorative, di idee filosofiche, discipline mistiche, intuizioni teologiche.
La corte Bizantina restò per undici secoli il centro del mondo medievale, in quanto centro dell’impero bizantino, che dominava con gli eserciti e le navi i confini dell’ecumene mediterranea. Al di là di questa, dominava le regioni di passaggio con la diplomazia e con la rete di rapporti instaurata dal cristianesimo, la cui fondazione quale religione di Stato e ideologia dello Stato risaliva, come quella della Città e del Palazzo, a Costantino.
La corte rifletteva tutto questo: lo statalismo, la cui capillare amministrazione faceva capo alla mastodontica struttura dei Sekreta, governati dalla burocrazia; la sovranazionalità e multinazionalità, che si rifletteva nelle diverse estrazioni, lingue, culture dei funzionari; il dogma vivente dell’autocrazia, che trovava espressione simbolica e rappresentazione visiva nel cerimoniale descritto dal Libro delle cerimonie di Costantino Porfirogenito (di cui l’editrice Sellerio ha recentemente pubblicato una scelta, curata e tradotta da Marcello Panascià).
«Cerimonia» in greco è taxis: l’ordine simbolico di gesti, solitamente pubblici e collettivi, che mimano un «ordine» superiore, trascendente.
Presso la corte di Bisanzio la taxis cerimoniale in primo luogo rappresenta e mitizza la gerarchia della basilica terrena; in secondo luogo, evidenzia il riverberarsi in lei della gerarchia del regno celeste, con le sue schiere angeliche e i suoi ordini di santi così efficacemente descritti nel VI secolo dallo Pseudo-Dionigi Aeropagita.
L’opera sulla Gerarchia celeste di questo teologo bizantino influì non solo sulla millenaria corte di Bisanzio, ma su quante nell’Europa moderna se ne riterranno eredi: ad esempio, la monarchia assoluta di Luigi XIV, dove il De coelesti hierarchia fu ben conosciuto e anche sunteggiato ad usum del Delfino di Francia.