Lo straniero del palazzo del re
Lettere da Bisanzio
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L’occhio fresco, straniero, vede più e meglio degli altri I diari degli stranieri di passaggio sono le fonti migliori per rappresentarci Costantinopoli e il suo mondo negli anni prima della caduta. È una Città Morta, o morente, veramente decadente, quella descritta midiarmdi un viaggiatore quattrocentesco, un nobile andaluso di ventisette anni Pero Tafur, che in suo Grand Tour ante litteram approdò alla Terza Roma nel 1437, alla ricerca di sue presunte radici genealogiche.
Ricevuto dal basileus, Pero Tafur dirà di essere venuto «per apprendere la verità riguardo al mio lignaggio, il quale, mi era stato detto, proveniva da quel luogo e dal suo imperiale sangue». Non è del tutto chiaro, in verità, se Pero Tafur realmente pensasse di discendere dai Paleologhi o se vantare presunti avi bizantini fosse un sistema per ottenere pronta udienza a corte. Agli europei era nota l’ansia dei bizantini di stringere legami e ottenere ospitalità all’estero. Giovanni VII aveva cercato di vendere ai reggenti di Carlo VI di Valois i suoi diritti di successione al trono di Costantinopoli in cambio di un castello nella campagna francese e di una rendita annuale, tutto sommato modesta, di cinquemila fiorini: come rivela un documento pubblicato all’inizio del secolo da Spyridion Lampros.
Nel corso del suo lungo e privilegiato viaggio di formazione, Pero Tafur era stato a Roma e in Palestina, sul monte Sinai, nei domìni del bey d’Egitto, nelle isole genovesi e veneziane dell’Egeo, In seguito fu alla corte del sultano a Adrianopoli, in quella dei Comnenia Trebisonda, presso i mercanti di Caffa in Crimea. Sulla via del ritorno visitò la Mitteleuropa - Praga, Vienna, Buda - e il mondo tedesco e fiammingo.
Laico, uomo di mondo e d’azione, in seguito anche uomo di governo nella sua città, Cordova, Pero Tafur era arrivato a Costantinopoli per mare costeggiando la Marmara da Gallipoli.
Confuso dal sonno, nella nebbia mattutina, al suo ingresso nel Bosforo aveva preso Santo Sofìa per una montagna. In seguito andò a caccia con Giovanni VIII Paleologo e con l’imperatrice Maria Comnena di Trebisonda, uccidendo «molte lepri e pernici e francolini e fagiani, che in quelle terre abbondano».
Soprattutto, Pero Tafur visitò Costantinopoli con una guida eccezionale: il fratello del basileus, Costantino Dragasse, allora despota di Morea, che fu in seguito l’ultimo imperatore di Bisanzio. Anche per questo la descrizione della Città Morente è particolarmente preziosa: oltre al consueto giro archeologico-religioso - Santa Sofia con le sue reliquie, la colonna di Costantino, Santa Maria delle Blacherne, la chiesa del Pantokrator, l’Ippodromo con la colonna serpentina, l’obelisco dell'Ippodromo - Pero Tafur visitò il palazzo imperiale, «che in passato doveva essere magnifico, ma ora è in uno stato pietoso, e come il resto della città mostra bene la disgrazia che i greci hanno sofferto e soffrono».
Non era migliore lo stato in cui trovò la famosa biblioteca imperiale, che visitò, unico occidentale, insieme ai «penetrali del sacro palazzo» - gli appartamenti privati dei basileis – sedici anni prima che venisse distrutta dai turchi insieme al suo tesoro di antichi manoscritti. È l’ultima notizia che ne abbiamo: «All’ingresso del palazzo, varcate alcune sale, vi è una loggia aperta di marmo con sedili di pietra tutt’intorno, e di fronte a queste pietre, l’una accanto all’altra, delle altre pietre sostenute da basse colonne, a mo’ di tavoli. Qui si trovano molti libri e antiche scritture e storie, e in un angolo vi sono molto scacchiere, ma per il resto la casa è trascuratissima, salvo certi appartamenti, peraltro angusti dove vivono l’imperatore, l’imperatrice e i loro attendenti. Però la posizione dell'imperatore è splendida come sempre, perché nulla è omesso dell’antico cerimoniale, ma tutto è puntigliosamente osservato».