I libri censurati di Fozio
Lettere da Bisanzio
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La biblioteca bizantina, che alla metà del Quattrocento Bessarione aveva affidato a Venezia, salvando dall'apocalisse turca i più importanti libri greci e in particolare i testi sacri del neoplatonismo, si rivelò una fonte prodigiosa e infinita di sorprese bibliografiche. Come da una scatola cinese, poco meno di un secolo più tardi, uscì fuori un nuovo contenitore: un libro intitolato a sua volta Biblioteca- o myriòbiblon, alla lettera «millelibri» - che conteneva a sua volta una folla di autori greci creduti dispersi. Erano i primi anni del Concilio di Trento e quei testi perduti si rimaterializzavano agli occhi increduli degli umanisti cinquecenteschi, la cui felicità sarebbe stata perfetta se la Biblioteca emersa da quella di Bessarione non risultasse opera di un autore «diabolico», su cui pendeva l’anatema dei papi e incombeva il veto della gerarchia cattolica controriformista. Fozio, il «primo Lutero», era il patriarca di Costantinopoli che in pieno Medioevo aveva messo in discussione il primato del vescovo di Roma, quando, nel IX secolo, l’impero bizantino era la superpotenza del Mediterraneo e il dominio dei papi, in confronto, un modesta provincia
Oltreché per i papi, Fozio era stato eretico rispetto alla sua stessa eresia. Il Concilio che a Bisanzio lo aveva condannato colpiva l'eccesso di umanesimo, la troppa tolleranza intellettuale del patriarca. Nel IX canone di quel Concilio si parla di una «cerchia» di adepti, ed è stato recentemente scoperto (da Guglielmo Cavallo e da Niccolò Zorzi) che nel Marciano gr. 450 (A) di Fozio, capostipite della tradizione manoscritta, il colossale in-folio recuperato da Bessarione, l’esemplare elaborato intorno a Fozio in persona, si alternano ben sette mani diverse: una squadra all’opera per salvare dalla censura e dunque da un totale e definitivo naufragio tradizionale, una serie di testi antichi al limite dell'eresia. La Biblioteca di Fozio non è allora solo lo schedario di un uomo appassionato della Biblioteca ad accorgersi e a compiacersi ad esempio del riferimento, nel capitolo su Clemente Romano, ai «mondi oltre l’Oceano»: che questo tema abbia non poco a che fare con l’eresia è dimostrato dalle leggende e dalle interdizioni sulle Colonne d’Ercole, evocate nella tradizione letteraria medievale.
Occorrerà aspettare ancora un secolo perché Fozio, nell’età degli Indici, divenga, proprio attraverso la sua Biblioteca e il culto entusiastico che suscitò nella tollerante comunità internazionale e interconfessionale dei dotti, il simbolo di una nuova concezione della religione e della cultura, dello Stato e della sua politica, agli inizi dell’Europa moderna come spiega La biblioteca del Patriarca Fozio censurato nella Francia di Mazzarino (Salerno, pp. 260, lire 20.000), un magnifico libro appena pubblicato da Luciano Canfora.
Alla metà del Seicento Versailles si ispirò al cesaropapismo bizantino. Nella nuova Francia la monarchia assoluta di diritto divino venne a reincarnare, di fatto, Bisanzio. Fu così che la personalità del controverso patriarca bizantino divenne simbolo del complesso insieme di licenze ideologiche rappresentato da Bisanzio, il primo Stato moderno laico, per la nuova Europa copernicana emancipazione politica affrancamento della censura, legittimazione di un clero colto e bibliofico, cui affidare non solo la conservazione e trasmissione del patrimonio librario, ma tutta la complessità dell’elaborazione del pensiero.