Gli animali in Paradiso?
Lettere da Bisanzio
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«Nel Millennio a venire gli animali saranno i nostri nuovi parenti». Mangiare carne animale diverrà raro, circoscritto, circondato da cautele rituali, così come il cannibalismo nelle popolazioni tribali primitive. Claude Lévi-Strauss, nella sua più recente intervista, ha sintetizzato la sua posizione sul rapporto tra uomo e animali: «Nel pensiero degli amerindi, alle origini dei tempi gli animali e gli uomini non soltanto formavano un’unica famiglia, ma non esisteva una vera distinzione tra i due gruppi. Questa distinzione, e quindi la possibilità per gli uomini di cibarsi degli animali, è emersa solo in una seconda fase. Si tratta di un processo non molto differente da quello che possiamo leggere nell’Antico Testamento. Nel giardino dell'Eden, all’origine dei tempi, Adamo e Eva erano totalmente vegetariani. Fatto molto curioso, l’uomo diviene carnivoro solo uscendo dall'Arca di Noè. Dopo quella fase di intima convivenza che si era venuta a creare all'interno dell’Arca durante il diluvio universale, i due gruppi si separano ed è allora che Dio, colui che può tutto, l’onnipotente, dà il permesso, o addirittura l’ordine, o quasi, di nutrirsi di carne animale. Poi ci fu la questione della Torre di Babele. Alla separazione di uomini e animali seguì quella degli uomini stessi separati dalle diverse lingue. Si potrà mai ripercorrere all’indietro questa sequenza di scissioni e ricostruire un giorno l’unità primordiale? Lo desidererei molto».
«Prima o poi l’uomo, se vorrà proclamarsi civile, dovrà regolare con delle leggi i suoi rapporti con gli animali», diceva Guido Piacene. L'idea della fine del primato dell’uomo, ben prima che della fine del mondo, è la più unanime forma di escatologia novecentesca: l’unico punto su cui si trovano d’accordo Nietzsche e Wittgenstein, l’esistenzialismo materialistico e il pessimismo gnostico, il panteismo cosmico dei neo alchimisti dell’omeopatia e il sussulto ecologico degli animalisti, che si ispirano alla filosofia antica dei platonici e degli stoici. La parità dì status degli animali nella gerarchia degli esseri nell’ordine etico e in quello sociale, annunciata dal vacillare dell’antropocentrismo nelle filosofie che dalla metà dell’Ottocento ripresero a elaborare il buddhismo, a partire da Schelling fino a Bergson, è un'opinione oggi ampiamente condivisa: anche grazie alla divulgazione dello spiritualismo tardottocentesco nel New Age e al crescente successo delle filosofie orientali, che mettono alla pari tutti gli esseri, non solo gli animali ma anche le piante e perfino i minerali, i cristalli, nell’incessante ciclo delle vite.
Ha scritto Schopenhauer: «Un errore fondamentale e assolutamente inspiegabile del cristianesimo è quello di avere staccato l’uomo dal mondo degli animali, al quale esso appartiene, dando valore esclusivamente alla specie umana e considerando le bestie addirittura come cose». Con il suo immanentismo - una forma di panteismo - non è stato forse bruciato Giordano Bruno? Forse oggi potrebbe divenire il simbolo di quanti affermano la possibilità di far coincidere con il creatore tutta la creazione, di quanti annettono allo spirito anche il vivente non umano. Come lo staretz Zosima, erede della tradizione sapienziale bizantina, nei Karamazov di Dostoevskij (citato da Enzo Bianchi a p. 50 del suo ultimo libro, Altrimenti): «Fratelli amate le bestie: Dio ha dato loro il principio del pensiero e la gioia pacifica Uomo, non innalzarti sugli animali!».