Silvia Ronchey

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Attualità e rubriche

Che mistero il turco futurista

Lettere da Bisanzio

17/12/1998 Silvia Ronchey

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Avvenire

«Le donne sono le tacite dietro le porte / figlie coi seni in bocca a un padre cieco». Suonano strana­mente biblici, ispirati agli incesti di Lot o altro­ve alle estasi del Canti­co dei cantici, i versi sadici e mistici, erotici e esoterici di un fantomatico poeta maomettano, al quale la nota biografica di Guido Ce­ronetti, suo scopritore e prefatore, dà nome Mehmet Gayuk, almeno sulla carta.
Ma la carta è stanca, e niente di ciò che vi si scrive è ormai più certo: tanto meno l’edizione dei superstiti Poemi del Gineceo appena uscita ora da Adelphi (pagine 80, lire 14.000), dopo che mesi fa l’editore torinese Tallone ne aveva anticipato un ’anteprima per bibliofili. Già allora, da più parti, l’esistenza di Gayuk era stata messa in dubbio e la sua identità attribuita a Ceronetti.
Nella cui prefazione, del resto, una frase diretta al lettore scocca come una freccia: «Che cosa non si può far credere a uno che non conosca il turco?».
Rivoluzionario-kemalista nonché, in una sua maniera orientale, futurista, il ver­seggiare del presunto Gayuk nel Gineceo è «un lungo svo­lazzare d’insetto attorno alla misteriosa lampada carni­vora».
Lo pseudo-Gayuk è l'unico, o quasi, poeta turco dalla rigorosa e os­sessiva eterosessualità, annota Cero­netti: è intenso, rovente, i suoi versi at­testano un’irriducibile inclinazione per le donne.
«Il Gineceo si sgretola: è l’immagi­ne / del mondo che si scardina», scri­ve Gayuk. «Sono tutte Euridici, le don­ne del Gineceo, in questa nera friggi­toria che è la vita», commen­ta Ceronetti.
È minima, nel libro, la di­screpanza tra scopritore e scoperta, tra filologo-curato­re e poeta-creatore. Ma l’ope­razione che definisce le due attitudini non è poi sempre la stessa?  il poeta fruga e estrae dagli "schedari turchi" dell'anima, il groviglio di sim­boli di un'immagine o il lamento in metri di una poesia.
Violare il Gineceo, spiega Ceronetti, è calarsi nel lato yin, femminile e ir­razionale della mente, nella parte che geme dell’universo. «I primi a estin­guersi sulla terra / saranno i più gua­stati: voi maschi / che ha cotti come polli la Ragione».
È, coerentemente, una donna la mediatrice del­la scoperta ceronettiana: Hannah, un nome che ri­corda la Marianna ispi­ratrice a Goethe del Di­vano occidentale-orien­tale, l'ascendente più prossimo all’ispirazione del Gineceo. A questo punto, che Mehmet sia l’in­venzione di Guido o Guido ne sia la reincarnazione, o che Guido sia il tra­mite scelto da Mehmet o che Mehmet sia il Golem fatto da Guido non è più nemmeno molto importante, cosi come non lo è stato appurare quanto del Di­vano fu opera dell’anziano Goethe e quanto dell’adolescente Marianna.
Il fatto è che la storia del falso poe­tico, dal Violario di Eudocia al Poe­ma di Ossian, fa luce sull'esistenza del doppio che grida dentro un autore, la cui coscienza è solo il riverbero - scri­verebbe una penna femminile ama­ta da Ceronetti come quella di Cate­rina da Siena - di un pozzo profon­do che rinvia in superficie solo qual­che bagliore.


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