Che mistero il turco futurista
Lettere da Bisanzio
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«Le donne sono le tacite dietro le porte / figlie coi seni in bocca a un padre cieco». Suonano stranamente biblici, ispirati agli incesti di Lot o altrove alle estasi del Cantico dei cantici, i versi sadici e mistici, erotici e esoterici di un fantomatico poeta maomettano, al quale la nota biografica di Guido Ceronetti, suo scopritore e prefatore, dà nome Mehmet Gayuk, almeno sulla carta.
Ma la carta è stanca, e niente di ciò che vi si scrive è ormai più certo: tanto meno l’edizione dei superstiti Poemi del Gineceo appena uscita ora da Adelphi (pagine 80, lire 14.000), dopo che mesi fa l’editore torinese Tallone ne aveva anticipato un ’anteprima per bibliofili. Già allora, da più parti, l’esistenza di Gayuk era stata messa in dubbio e la sua identità attribuita a Ceronetti.
Nella cui prefazione, del resto, una frase diretta al lettore scocca come una freccia: «Che cosa non si può far credere a uno che non conosca il turco?».
Rivoluzionario-kemalista nonché, in una sua maniera orientale, futurista, il verseggiare del presunto Gayuk nel Gineceo è «un lungo svolazzare d’insetto attorno alla misteriosa lampada carnivora».
Lo pseudo-Gayuk è l'unico, o quasi, poeta turco dalla rigorosa e ossessiva eterosessualità, annota Ceronetti: è intenso, rovente, i suoi versi attestano un’irriducibile inclinazione per le donne.
«Il Gineceo si sgretola: è l’immagine / del mondo che si scardina», scrive Gayuk. «Sono tutte Euridici, le donne del Gineceo, in questa nera friggitoria che è la vita», commenta Ceronetti.
È minima, nel libro, la discrepanza tra scopritore e scoperta, tra filologo-curatore e poeta-creatore. Ma l’operazione che definisce le due attitudini non è poi sempre la stessa? il poeta fruga e estrae dagli "schedari turchi" dell'anima, il groviglio di simboli di un'immagine o il lamento in metri di una poesia.
Violare il Gineceo, spiega Ceronetti, è calarsi nel lato yin, femminile e irrazionale della mente, nella parte che geme dell’universo. «I primi a estinguersi sulla terra / saranno i più guastati: voi maschi / che ha cotti come polli la Ragione».
È, coerentemente, una donna la mediatrice della scoperta ceronettiana: Hannah, un nome che ricorda la Marianna ispiratrice a Goethe del Divano occidentale-orientale, l'ascendente più prossimo all’ispirazione del Gineceo. A questo punto, che Mehmet sia l’invenzione di Guido o Guido ne sia la reincarnazione, o che Guido sia il tramite scelto da Mehmet o che Mehmet sia il Golem fatto da Guido non è più nemmeno molto importante, cosi come non lo è stato appurare quanto del Divano fu opera dell’anziano Goethe e quanto dell’adolescente Marianna.
Il fatto è che la storia del falso poetico, dal Violario di Eudocia al Poema di Ossian, fa luce sull'esistenza del doppio che grida dentro un autore, la cui coscienza è solo il riverbero - scriverebbe una penna femminile amata da Ceronetti come quella di Caterina da Siena - di un pozzo profondo che rinvia in superficie solo qualche bagliore.