Per sconfiggere il terrorismo l'Occidente deve riscoprire le idee
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Cara Fiorenza,
dopo l'escalation di sangue di questa terribile estate ci domandiamo se sia possibile obbedire veramente al flemmatico mantra anglosassone: «Non dobbiamo cambiare il nostro modo di vita».
L'ossessione della sicurezza, come ha scritto James Hillman, ha sostituito nella civiltà occidentale molti antichi valori. In un certo senso era inevitabile che gli estremisti di quell'altra civiltà sfruttassero proprio il nostro punto debole, l'intollerabilità dell'insicurezza e della perenne minaccia di morte: l'elemento che ci separa dalla metà del mondo che invece ha continuato a conviverci, anche per colpa di una secolare politica aggressiva dell'Occidente. E ha mantenuto in cambio valori forti al punto da sacrificare in loro nome la propria vita o da faro strage di quelle altrui.
La psiche occidentale è in preda all'angoscia: i terroristi sono tra noi. Anche se una maggioranza di musulmani preferisce il confronto di idee allo scontro, non è ancora pensabile, al suo interno, un vero pentitismo. È forse per questo che Paul Wilkinson, il guru dell'antiterrorismo inglese, ha dichiarato che politica e intelligence da soli non bastano, ma occorre vincere la "battaglia delle idee" con «un forte esempio morale che possa affascinare i giovani islamici».
Se questo è l'obiettivo, sconforta assistere al gioco di veti e al balletto di schiera- menti dei partiti sulla proposta di far votare in Piemonte gli extracomunitari immigrati da più di sei anni. Le logiche elettorali seguitano a prevalere sull'"emergenza ideale" invocata da Wilkinson. In Italia, dopo la strategia della tensione e gli assassini delle BR, siamo usciti dagli anni di piombo asciugando il bacino di connivenze sociali dei terroristi. Se un'operazione simile deve attuarsi ora su scala globale, forse è vero che non dobbiamo cambiare il nostro modo di vita. Ma il nostro modo di far politica, in Italia, si.