Quando sono dall'hairstylist...di che cosa parlano le donne
Templi moderni
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«Un po’ meno gonfi, che dici?». È stata bella e a modo suo lo è ancora. Solo qualche dettaglio i collant supervelati, il rossetto scarlatto fa risalire i fasti del viso sottile alla seconda metà degli anni Sessanta. «Guarda che il tempo di arrivare a Palazzo Turchese e la piega smonta... Ma se vuoi...». Luca mena colpi di spazzola mentre la Signora sporge il collo verso lo specchio e con le dita si stira gli zigomi: «Che occhiaie. Non so se ce la farò a reggere quei cafoni di politici che il nostro Jean Claude ormai invita anche alle cene di gala. Ti rendi conto? Era così chic prima l’ambasciata... Ecco, il ciuffo a sinistra... E poi quell’elefante con le bretelle rosse, bel tipo, non dico di no, ma di un arrogante, di un settario...». Luca si è sempre domandato perché la Signora arroti la erre e abbia quell’accento strascicato del Nord pur essendo nata a Nettuno: «Tesoro, un po’ di lacca?». «Oddio, non so, fammi sentire se sa di buono... Spruzzala qui, sul polso... Sì... No, non sul Cartier! Qui, guarda...».
DINGDONG. La porta a vetri si spalanca consegnando al sospettoso sguardo pervinca della Signora la Giornalista in Ascesa: «Luca! Salvami! Vado all’ambasciata con Giuliano, è solo a Roma sai e detesta quel sottobosco che si abbarbica ancora ai francesi... Mi ha praticamente intimato di scortarlo, e guarda che capelli!». Le forme esuberanti della nuova arrivata, strette in vita nell’impermeabile rosso, sono sovrastate da una foresta crespa e nera di capelli cotonati dal vento. Una frezza interamente bianca completa l’effetto Crudelia Demòn. «Ma no amore mio, sei un fiore. Versati un Ace rosso che tra cinque minuti ti pettino». «CINQUE? Ma non hai capito! L’autista di Giuliano mi aspetta per andare a Palazzo Turchese! Mi serve la testa subito!». La Signora non si tiene: «Eh no, guardi, Luca sta facendo me e non so se cinque minuti basteranno. Guardi che gonfi! Davvero viene anche lei da JeanClaude? In tanti anni non l’avevo mai vista...». La bruna con la frezza sbatte via l’impermeabile, si piazza imperiosamente sul sedile vicino e fissa con odio le pupille acquose della Signora attraverso lo specchio. «Lei invece l’ho vista spesso... Mi faccia ricordare... Non è sua quella bella terrazza qua sopra con ancora la bandiera arcobaleno?». «Ah, non me ne parli, poveri i miei gelsomini, il giardiniere è partito per Manila e sembra una giungla...». Il tacco a spillo della Giornalista in Ascesa tormenta il poggiapiedi mentre reggendo tra guancia e collo il penultimo Nokia guarda ostentatamente l’orologio. L’altra si torce verso Luca, gridando per contrastare il rumore del phon con cui le sta lisciando le ciocche biondo cenere sugli orecchini afgani: «Sai, Luca? Sono arrivata a farmi il bucato da sola!». La bruna si stacca dal telefonino: «Signora, la smetta di distrarmi Luca! Ha una testa perfetta, almeno all’esterno, fossi in lei lascerei il posto a chi è in fila».
DINGDONG. «A’ Luca! Che c’hai un momento pesti carciofi che m’aritrovo in testa?». La fioraia più cara del mercato rimbalza come la palla che è sulle enormi sneakers argento. Un urlo di sdegno si alza dai sedili: «Luca ha da fare!». II giovane parrucchiere sorride sfiorando le mèches rosso fuoco della nuova venuta quasi fossero petali di rosa. Le fa galantemente cenno di sedersi: «Tranquille ragazze mie, fatevi aspettare che quei maschioni se lo meritano».
L’orecchino al lobo destro scintilla come i suoi occhi: sadicamente.