La donna che visse mille volte
Credeva nelle reincarnazione. Ma nella sua stessa esistenza fu somma di molte identità: induista, massone, socialista, avventuriera, teosofa. Tornano in libreria le memorie di un'anticonformista in lotta con il mondo
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Annie Besant proclamava di essere la reincarnazione di Ipazia di Alessandrina, la prima donna-filosofo, linciata dai monaci cristiani del vescovo Cirio poco dopo l'editto di Teodosio. Quando Annie parta di reincarnazione non è per metafora: al credo indù, dopo avere abbandonato ventenne il cristianesimo, aderiva profondamente. Aveva tradotto dal sanscrito la Baghavad Gita {Il canto del Beato), anzi era stata lei a farla leggere a Gandhi, allora studente a Londra: nelle sue memorie il futuro Mahatma scrive di essersi vergognato, dinanzi a quella donna occidentale, per la propria ignoranza della tradizione induista. Lo ricorda Lucetta Scaraffia nel lungo e prezioso saggio che fa da introduzione all'Autobiografia di Annie Besant, appena pubblicata da Le Lettere (302 pagg.. € 14.50). Laica e mistica, anticonformista e filantropa, femminista e socialista, sindacalista e massone, avventuriera e autorevole, ammirata, contestata, mai ignorata dai contemporanei: Annie Besant fu oggetto, al principio del Novecento, di un vero e proprio culto. In Italia le sue opere erano diffuse nelle biblioteche pubbliche in centinaia di copie. I lettori potevano acquistare per corrispondenza i suoi celebri ritratti fotografici. Anche nelle pagine dell'edizione italiana Annie compare fotografata in molteplici identità. Queste foto, scrive Lucetta Scaraffia, testimoniano la trasformazione della giovane e bella ragazza bionda in una donna dallo sguardo pungente e volitivo, consapevole del suo carisma e del suo potere».
Tipica inglese dai viso tondo e ostinato, i capelli raccolti dietro la nuca, il busto stretto nell'abito vittoriano, la vediamo trasformarsi in guru indiano e in Gran maestro massonico sino alle epifanie della vecchiaia, quando nei viaggi in Occidente compariva in sari bianco, aureolata di capelli bianchi, "simile al Pontefice”. Racconta Èva Kuhn, allora fidanzata di Giovanni Amendola e futura madre di Giorgio, una discussione sorta dopo la conferenza della Besant a Roma net 1904: Avevo polemizzato con lei, che aveva sostenuto l'inutilità di combattere certe tentazioni asserendo che bisognava liberarsi dal male realizzandolo in pratica: io mi ero alzata e avevo detto energicamente alla maestosa e sprezzante Besant che quella sua teoria era micidiale. La Besant mi rivolse uno sguardo minaccioso che mi fece cadere in deliquio, come fulminata». La sera stessa a Eva Kuhn scoppiò una forte febbre. La loggia massonica a cui Annie Besant apparteneva, la Massoneria del Diritto umano, fondata net 1884 a Parigi da Marie Deraisme, era l'unica ad ammettere te donne. Ai diritti delle donne Arnie aveva dedicato la prima parte della sua vita, quella vissuta nella vecchia Inghilterra. L'ultima parte si consumerà nell’antica India, dove difenderà la tradizione sacra indù e al tempo stesso lotterà contro le caste. Ma è la parte di mezzo, forse, la più bizzarra, quella fra gli anni Ottanta e Novanta del’800. In quel periodo è attivista socialista: a lei si deve il successo dei primo grande sciopero delle operaie di Londra. È teosofa; rimane folgorata dall'incontro con Helena Blavatsky, la fondatrice della Società Teosofica, Il movimento, che aveva la sua sede centrale ad Adyar, in India, promuoveva lo studio delle religioni, coltivava la rinascita della vita spirituale, praticava lo spiritismo. In realtà, secondo Réne Guénon, fiancheggiava l'imperialismo britannico. Già Madame Blavatsky - ricorda Lucetta Scaraffia - era sospetta di ricevere un sussidio dal governo di Sua Maestà per favorire l’occidentalizzazione dell'India e appoggiare i maragià filo britannici appartenenti alla massoneria inglese. Anche Annie Besant, quando prese il posto della Blavatsky alla guida della Società, fu accusata di essere un agente politico. Scrisse Guénon: Madame Besant si è fatta notare per i tanti aspetti della sua vita avventurosa, ma il suo ultimo ruolo è quello di un nemico sottile e pericoloso del popolo indù, intorno al quale volteggia come un pipistrello nelle tenebre della notte". Eppure Annie Besant in India era adorata come una santa. In tutto il mondo i membri della Società facevano meditazione davanti al suo ritratto. Che Guénon fosse un misogino? O forse aveva ragione? George Bernard Shaw, dopo una breve storia d'amore Annie Besant, l'aveva definita “assolutamente priva di sex appeal". Fu allora che le vennero i capelli grigi. Ma non era la prima volta che gli uomini la deludevano. La sua libertà di costumi, le sue convinzioni femministe, la sua ideologia maltusiana derivavano anzitutto da un'esperienza matrimoniale precoce e deludente. A primi accenni di ribellione al ruolo tradizionale, il marito, un pastore protestante, l'aveva cacciata di casa, togliendole il figlio maschio, proprio come sarebbe avvenuto a un'altra più giovane pioniera dell'emancipazione femminile. Sibilla Aleramo, in un pamphlet del 1876 Annie Basami affermò che le unioni illegali offrono alle donne l'unica possibilità di essere felici: che le unioni libere sono più durature di quelle legalizzate; che proprio l'infelicità dei matrimoni indissolubili porta all'infedeltà e all'immoralità nella coppia. Per queste teorie, cosi come per i suoi scritti a favore del controllo delle nascite. Annie Besant era stata accusala e processata per oscenità. Oggi, chi mai le darebbe torto? Rispetto a Una donna di Sibilla Aleramo, l’Autobiografia di Annie Besant, scritta quattordici anni prima, nel 1893, è più moderna, movimentata, energica, a tratti più ingenua, sempre eccentrica, Pur lontana dai virtuosismo fìn-de-siècle della Aleramo, la Besant trasmette ai lettori i più minuti dettagli della sua lotta interiore e della battaglia con il mondo esterno, destinate entrambe a influenzare profondamente il Novecento e ii suo più notevole evento, la rivoluzione femminile.