I Fitzgerald? Con loro la simbiosi di coppia diventa malattia
Articolo disponibile in PDF
Francis Scott Fitzgerald, da vero decadente, amava essere considerato l'ultimo, il frutto estremo di una civiltà. Era invece, assieme a Zelda, un pioniere, un fondatore: della moderna società che mischia cultura e spettacolo, fare e apparire. E della crisi di sostenibilità delle coppie. Con loro, la simbiosi di coppia si trasformò da affinità elettiva in malattia. Zelda, lei si, fu I’ultima: l'ultima "moglie dello scrittore", quella figura indispensabile che, nell'ombra, aiutava il marito e spesso era fondamentale per determinarne il successo, se ricordiamo per esempio una factotum come Fanny Stevenson o la consorte di Dostoevskij, che stenografava i romanzi del marito. L’inverso non si è mai dato, non è mai accaduto di vedere all’opera un "marito della scrittrice". Quanto alle coppie scrittore-scrittrice, non hanno mai funzionato, sono sempre state minate dal rapporto di concorrenza: si pensi, per citare un solo caso, agli attriti fra Alberto Moravia ed Elsa Morante. Zelda, rispetto alle mogli tradizionali, si collocò in quel confine simbolico in cui si comincia a vedere l’aspirazione a competere della parte femminile, ma non fu capace, come raramente è accaduto alle donne, di emergere come scrittrice autonoma. Fu vittima di se stessa, come accade alte donne che non sono più ghostwriter dei maschi ma che, da sole, non ce la fanno. Resta il fatto che l'entrata in crisi e l'eclisse della "moglie dello scrittore" è, a mio parere, una delle cause della decadenza della stessa letteratura.