Orfani di tutte le ideologie, proviamo a scoprire un'etica laica
07/01/2006 Silvia Ronchey
Articolo disponibile in PDF
Io Donna
Cara Fiorenza,
non è facile cominciare il nuovo anno con un pensiero positivo. Ci sono troppe cattive notizie dal mondo e nel nostro paese, avvelenato dagli scandali e dalle guerre interne ai partiti, arenato in una grave crisi. Ma forse, se scaviamo a fondo, una notizia buona in tutto questo c'è: ci siamo liberati dalle illusioni delle utopie e dalle intossicazioni delle demagogie, ci siamo allontanati dal dogmatismo.
A parte qualche residuo riflusso nell'integralismo cattolico, che per alcuni soggetti in astinenza ideologica è stato una sorta di metadone, ci accorgiamo che gli estremismi stanno passando di moda. Ci siamo liberati dall'aut aut eskimo-doppiopetto blu, non distinguiamo più tanto facilmente i buoni dai cattivi, ma tutto ci appare trasversale, compresi, purtroppo, l'opportunismo e l'avidità.
Cinque secoli fa Guicciardini aveva capito che il nostro è il paese del "particulare". Ma trovava sbagliato oltreché deprimente considerare il fatto inguaribile e pensava invece che, con qualche strategia, questa peculiare e per cosi dire congenita mancanza di senso dell'interesse collettivo potesse essere conciliata con l'interesse dello stato. La chiave per farlo era, ed è ancora oggi, scoprire un'etica laica.
Perché il tramonto delle ideologie, secolari o ultraterrene, non deve farci sentire orfani di regole morali. Al contrario, è un rito di passaggio, una prova di crescita. Guardare finalmente alla politica senza dogmi né filtri, con sguardo limpido, disincantato, magari un po' disperato, è la sola via per guardarla in modo costruttivo. Come amava ripetere Churchill, la democrazia è la peggiore forma di governo, a eccezione di tutte le altre sperimentate finora.