Le leader aumentano nel mondo. Ma in Italia donna non è bello
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Lettera al direttore di Io Donna, Fiorenza Vallino
Cara Fiorenza,
mentre le donne italiane hanno abbandonato i cortei folcloristici dell'8 marzo per “dedicare un fiore alle donne di Kabul”, i maschi italiani disquisiscono sull'esistenza nel Corano di norme all'origine della prevaricazione grottesca e spietata dei talebani. Il loro chiacchiericcio è insopportabile. Solo Nicola Tranfaglia sulla ‘Repubblica’ ha giustamente scritto che il Papa se la prende con l'Afghanistan, ma nella Chiesa cattolica non c'è parità fra i sessi. Nella società le donne sono oggetto di stupri e incesti quotidiani, come ci hanno mostrato i lugubri servizi televisivi della cosiddetta Festa della Donna.
In questa bella atmosfera, il più invidiabile regalo, ne converrai, l'hanno avuto le donne francesi. Forte del fatto di avere una Martine Aubry agli Affari Sociali e una Elisabeth Guigou alla Giustizia — e dunque rispetto alla destra un'allure più presentabile — Jospin ha annunciato che “femminilizzerà mestieri, gradi, funzioni, titoli”: con apposita circolare i ministeri sono invitati a eliminare il sessismo dal linguaggio ufficiale — a dire dunque “ministra” o “direttora”. E Jospin, sperando d'ingraziarsi l'elettorato femminile, suggerisce di inserire tali sublimi pari opportunità linguistiche addirittura nella Costituzione.
Puntare sui nomi non è solo pomposo, è anche insidioso. Ci schieriamo dalla parte dei vegliardi dell'Academie Française, che protestano. La parola “filosofo” si declina identica al maschile e al femminile: nell'aggettivo greco philosophos non c'è distinzione tra questi due generi. Il cosiddetto maschile, negli appellativi filosofici e giuridici, è asessuale.