Per le donne italiane l'8 marzo è cominciato in gennaio
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Lettera al direttore di Io Donna, Fiorenza Vallino
Cara Fiorenza,
l’8 marzo quest’anno è cominciato in anticipo. Al di là del rito e delle contestazioni del rito, delle mimose o del no alle mimose, è da due mesi che le donne sono al centro dell’attenzione. Non parliamo delle manifestazioni di gennaio, né dell’avaro brindisi “con Ferrari rosa” offerto in febbraio dal senato, quando ha ceduto il passo alle quote rosa troppo tardi perché diventassero legge prima della fine della legislatura.
Ma la prova di forza di Stefania Prestigiacomo ha dato il via a una miriade di prese di posizione, dalla virtuale protesta delle giornaliste Rai all’effettiva introduzione delle quote in quel palcoscenico politico miniaturizzato che è la magistratura: due settimane fa la modifica dello statuto dell’Anm ha sancito che le correnti debbano presentare almeno il 40% di donne nelle liste elettorali e che in caso di parità non prevalga il candidato più anziano ma “il genere meno rappresentato”.
Rappresentanza, questa è la parola chiave, non la parola genere. Il vero motivo per cui si punta sulle quote rosa è che il nostro paese è alla ricerca disperata di una nuova rappresentanza politica. Privilegiare le donne significa comunque facilitare il ricambio di personale o di classe dirigente che tutti invochiamo ma che chi può non sembra voler realizzare in concreto. Non è questione di genere, è un puro calcolo statistico: c’è più probabilità di trovare homines novi tra le donne.
Forse proprio questa prospettiva empirica potrebbe essere quella vincente. Forse l’accesso femminile al potere che dal vertice si tarda a promuovere sta prendendo la rincorsa dal basso: dalle organizzazioni professionali, dai luoghi di lavoro. Auguriamoci che questo strano 8 marzo cominciato in anticipo duri. Che sia meno rituale, ma più discusso e partecipato. Che non offra fiori alle donne, ma permetta al loro lavoro di offrire al paese i suoi frutti.