L'è tutto (o quasi) da ricostruire
Paradossi, provocazioni, denunce: Luigi Serafini, l'artista-intellettuale con Silvia Ronchey è stato un fiume in piena
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Luigi Serafini è un artista completo. In un numero il cui leitmotiv è il paesaggio urbano, intervistarlo era inevitabile per vari motivi. Perché proprio in quest’ambito si collocano suoi ultimi interventi artistici: il recente Paradiso Pedestre, all’ingresso della stazione Mater Dei della metropolitana di Napoli; il filosofico Carpe Diem, visione bronzea e colorata che giganteggia in fondo a via Leone Marsicano, a Catania, sul suo piedistallo di pietra lavica dell’Etna; ma anche le altre installazioni utopiche esposte quest’anno alla Biennale.
Perché Serafini è un teorico della "sostenibilità estetica" del vivere metropolitano, impegnato attivamente su questo fronte: è stato protagonista sui giornali di una lunga polemica sul centro storico di Roma. E perché è un intellettuale controcorrente, profondamente colto e insieme invincibilmente ironico, capace di fornire pensieri nuovi, eruditi ma anche paradossali, gravi ma anche fantastici, in quest'intervista le risposte che ci ha dato intervengono sul presente ma sono anche un'opera in sé conclusa d’arte surrealista.
Cominciamo da zero. Che cos’è una città?
La città in fondo non è che un punto di vista, no?.. Lo scrittore Brodskij in Fuga da Bisanzio suggerisce un’interpretazione del famoso somnium di Costantino, sostenendo che l’imperatore non avrebbe sognato la Croce ma l'incrocio tra cardo e decumano. Tale incrocio era lo schema di ogni accampamento militare romano, a lui molto familiare, e base poi di infinite città. Forse quella Croce era l'ideogramma della parola città e forse Costantino più che il cristianesimo già stava immaginando New York.Il regista Jarmush nel film Dead man fa dire a Nobody, un indiano del North-West di inizio Ottocento: «Mentre venivo deportato verso l’Inghilterra per esservi esibito come un trofeo, passai per Toronto, Philadelphia e New York. Ogni nuova città conteneva gli stessi abitanti di quella precedente e non riuscivo a capire come tutto quel popolo si fosse spostato così in fretta da una città all’altra». Ovvero le osservazioni di un nomade per il quale le città non sono entità fisse. E infatti se lo stesso Nobody, cavalcando ai primi di agosto sul suo appaloosa pezzato per le Grandi Pianure (padane), si fosse imbattuto nella A1 dalle parti di Modena, avrebbe scambiato il serpentone dei vacanzieri per una città in movimento...
Rispetto a questi due archetipi oggi si sono formati nuovi ibridi tra lo stanziale e il nomadico, come Rimini per esempio che d’estate ha un incremento demografico tale da diventare Rimini-Rimini e talvolta Rimini-Rimini-Rimini senza che vi sia ancora un’adeguata segnaletica stradale.
E poi?
Poi ci sono le semi-città, i non luoghi (aeroporti, stazioni di servizio eccetera), definibili anche “urbanoidi" per le loro dinamiche di strade-piazze e negozi-punti di ristoro.
E le città-temporanee (meeting, festival, circhi eccetera) che rappresentano realtà specifiche e possono essere talvolta alquanto bizzarre come, per esempio, la cittadella mediatica costruita per la firma del trattato Nato-Russia a Pratica di Mare nel maggio 2003 e che fece scrivere agli inviati del «New York Times»: From Michelangelo to Mickey (Mouse, ndr)?
E le città-immaginarie, generate dal pendolarismo. Da quello infantile con Paperopoli (andata e ritorno in giornata) a quello adulto e lavorativo con un'altra città, dove alla fine Via del Tritone sbuca in Piazza Cordusio. E le città-capitali, con le istituzioni ubicate a seconda delle proprie tradizioni politiche e culturali. C’è infatti chi si accontenta di un appartamentino al 10 di Downing Street e chi di un palazzo principesco al 10 di via del Plebiscito.
E ancora le città-abusive. Sono le uniche città invisibili sfuggite alla lente di Italo Calvino che nel 1972 credeva di averle elencate tutte. Crescono specularmente alla città e compaiono in Italia magicamente a ogni condono edilizio.
Infine una considerazione: il Paradiso Terrestre non era una città ma un giardino. Evidentemente il Creatore trovava più congeniale il giardinaggio che l'urbanistica e, dopo la famosa cacciata che Masaccio così bene illustrò, i nostri sfortunati progenitori camminarono in lungo e largo per millenni prima di fermarsi e scoprire le delizie dei villaggi organizzati. Non fu così per i Masai che, rimasti tranquillamente nelle vicinanze della valle dell'Eden, non dispersero per le strade del mondo quella sublime eleganza che doveva regnarvi grazie alla quotidiana frequentazione di una Divinità un po’ burbera, è vero, ma sicuramente molto chic (incluso il suo alato Cda).
Lei è stato protagonista di una recente polemica sugli spazi urbani della capitale. Che cosa la disturbava?
La polemica scoppiò lo scorso novembre per la persistenza di 140 orribili vasoni in via Giulia, enormi, di plastica finto cotto, con dentro anoressici alberelli di arancio amaro... A proposito, sono ancora lì! Il discorso si estese poi all’uso di vasi, vasoni e vasetti, che a Roma risolvono qualsiasi problema, viario o ornamentale che sia. Definivo Roma come la città più invasata del mondo e aggiungevo che l’invasamento della città raggiunge la sua apoteosi in primavera con l’esposizione delle azalee fiorite sulla scalinata della Trinità de’ Monti. È la vittoria finale del Vaso di fiori sull’Architettura: uno schiamazzo di colori, un cespuglione dal sicuro “effettaccio" che nasconde e annichilisce le eleganti, scenografiche e complesse rampe e terrazze del De Sanctis. Eccetera, eccetera.
A proposito di città vive: Napoli?
È ancora una città nuova e giovane (Nea-polis), come intatta è la bellezza di Posillipo che sempre ci induce a metter fine alle preoccupazioni (Pausì-Lypòn). il magico Uovo, che la leggenda vuole nascosto negli antri sottostanti l’omonimo castello, potrebbe essere una sconosciuta fonte di energia lasciata da extraterrestri che venivano da Alpha Centauri per i fanghi di Ischia. A distanza di millenni la città ne riceve ancora benefìci influssi che producono quella forza, quel senso di identità che trasforma in napulitano tutto quello che cade e accade nella città, dal babà al rock, fino agli angloamericanismi, ultima preoccupazione degli intellettuali italiani (un noto esempio: "sciuscià" da "shoeshine"). A questo proposito: che seguito hanno avuto le lodevoli iniziative di ribattezzare in italiano le anglo-testate Rai (Fiction, Educational, News)? Però nulla di analogo è stato intentato, a quanto si sa, nei confronti del ministero del Lavoro ribattezzato in anglo-cafone ministero del Welfare (si scrive così, oppure Uèlfer). Evidentemente l’ombra di Alberto Sordi, alias Nando Meniconi, ancora si allunga minacciosa sulle nostre istituzioni...
A proposito di città morte: Venezia?
Siamo abituati a considerare Venezia un caso eccezionale e irripetibile e ci dispiace vederla ridotta a città fantasma, dove turisti, studenti e biennalisti hanno sloggiato gli abitanti originari. Ora, se le fosche previsioni dei climatologi avranno un seguito, l’effetto serra sciogliendo i poli farà innalzare il livello delle acque terrestri di alcuni metri e numerose città diventeranno come Venezia, soprattutto lungo le coste. Quali? Londra, per esempio. Quindi Venezia, benché quasi sommersa salvo i sottotetti, le cupole e i bei campanili, rivivrà come modello ideale delle future città. Tutti dovranno farse veneziàn... Trasporti, ospedali, burocrazie, fiora: eccetera: tutto dovrà essere ripensato in modo acquatico, e non ci sarà alternativa perché, come si dice da quelle parti, «quando l'aqua toca el culo, tuti impara a noare». Comunque, secondo la profezia dei Nomadi: Noi non ci saremo...
Altre innovazioni per tutelare la sostenibilità estetica del paesaggio urbano?
Il paesaggio urbano, non essendo qualcosa di omogeneo, richiede ricette diverse da zona a zona. Torno ai centri storici. Roma: preferirei vedere l’Enterprise parcheggiato sopra le case di Campo de' Fiori con i vecchi intonaci scrostati di una volta che ’ste facciate di cartone rifatto, veramente insostenibili dopo il secondo bicchiere. Poi... bloccherei le arzigogolate pavimentazioni in corso d'opera a via dei Cestari. Si dovrebbero ricongiungere alia già “restaurata" via dei Pastini, e attraverso piazza di Pietra (che ti lascia di sasso) arrivare fino a via del Corso. Si tratta di uno "stile" già collaudato nelle suddette strade basato su un improbabile e stretto tapis roulant di basaltina liscia che si infossa tra i sampietrini scheggiati (cinesi, pare) e che invita i passanti a camminare in fila indiana (e magari in ordine di altezza!). Poi, invierei dieci ruspe a piazza Ettore Rolli per radere al suolo la piazza stessa (sculturona metallica inclusa), progettata dallo psicanalista Massimo Fagioli per il Giubileo... una roba pazzesca: vedere per credere! Poi, passano gli anni e ancora non mi abituo a quella specie di tenero ecomostro che è l'Hotel Hilton a Monte Mario, nonostante l'ottima piscina e l'ottimo chef (Heinz Beck). Quando mi affaccio alla terrazza del Pincio e lo vedo appollaiato lassù, mi chiedo perché non nasconderlo con una gigantesca scritta "Greetings from Rome? I turisti che, accanto a me, si fotografano balaustrandosi sorridenti su quel fondale, gradiranno molto questa trovata pop tipo Hollywood perché trasformerà le loro inquadrature in cartoline già personalizzate, pronte per l’uso.
E a Milano?
Priorità assoluta: la rimozione del fontanone insulso per forma e dimensione collocato davanti alla torre del Filarete (Castello Sforzesco), a meno che non Io si trasformi in piscinula per trote salmonate da regalare alle signore più eleganti in occasione della festa di San Carpoforo. Poi, risistemare à la parisienne tutto il bellissimo impianto neoclassico corso Sempione-Arco della Pace, sostituendo le attuali luminarie semi-natalizie. Poi, restaurare definitivamente i Bagni misteriosi di De Chirico dietro la Triennale, l’unica sua opera pubblica, che io sappia, e che è in rovina permanente. Eccetera, eccetera.
Nient’altro?
Aggiungo due cose, in generale. Si realizzano chilometri di pedonalizzato e ci si dimentica troppo spesso delle panchine, tant’è che alla fine i bar funzionano da parchimetri... E le barriere architettoniche poi sono sempre in agguato nella città. A questo proposito una nuova urgenza: i papà che conducono le carrozzine per strada in modo così distratto e che urtano il minimo ostacolo o dislivello (dati elaborati su corso Buenos Aires e via Cola di Rienzo sul 30% delle carrozzine osservate in quattro sabati non consecutivi). Si creino presto corsie preferenziali gommate sui marciapiedi, onde evitare che il pupo contemporaneo, sbattuto di qua e di là, sviluppi quelle sindromi aggressive da ultrà da derby, con futuri costi sociali imprevedibili.
Vorrei parlare anche delle parti otto-novecentesche, dell'urbanistica del miracolo economico, delle periferie e delle baraccopoli... la prossima volta. Suggerisco nel frattempo il magistrale bianco e nero del fotografo Gabriele Basilico... Ci offre una lettura acuta e rarefatta della città, che è una grande casa, come una casa è una piccola città... Parola di Leon Battista Alberti.
Se lei fosse ministro per la Tutela del paesaggio urbano, chi nominerebbe nel suo staffe quali iniziative urgenti prenderebbe?
Il mio staff sarà composto da ventiquattro collaboratori: dieci etruschi, sei greci, tre romani, due ebrei, due fenici e un falisco. Per correttezza istituzionale ancora non posso farne i nomi, essendo in carica un altro ministro. Comunque ne riparleremo presto, ok? Allora, la prima iniziativa sarà quella di ripristinare la toponomastica etrusca in certe zone di Roma (Trastevere), dove appunto si parlava etrusco veiente, e la seconda sarà quella di adire le vie legali per giungere a una condanna dell'ormai ex ministro Urbani e del suo staff affinché gli sia comminata una pena/contrappasso per avere "dimenticato" di includere nel decreto legislativo di riorganizzazione dei Beni culturali un “Dipartimento per archivi, biblioteche e istituti culturali", ammucchiati sbadatamente nel "Dipartimento per le antichità e belle arti e il paesaggio". Lui e il suo staff, rinchiusi nella Biblioteca Casanatense, accanto al ministero, per 365 volte dovranno riscrivere a penna e in bella calligrafia su carta vergatina il decreto suddetto.
Se potesse decidere lei, che cosa farebbe circolare per le vie di Roma o di Milano?
Per il futuro penso ad automobili a idrogeno, risultanti dall'incrocio tra un uovo di gallina padovana, il portatile Titanium della Apple e un carretto siciliano. Invece, per quanto riguarda la circolazione in zone a traffico limitato, si aspettava con ansia il Segway, "monopattino che legge il pensiero” di Dean Kamen, un due ruote che usa giroscopi per mantenere l’equilibrio. Ne sono stati messi in commercio seimila negli States, ma sono stati ritirati recentemente per via di un software difettoso che ha già fatto sbattere la testa a qualcuno. Non ho capito però se in dotazione c’è anche il vecchio ombrello. Vedremo... Nell'attesa continuo ad andare in bicicletta e con i mezzi pubblici.
Però le piacciono le sotterranee. Ha appena finito di innalzare, con l'installazione delle sue opere, il livello di sostenibilità estetica della metropolitana di Napoli.
Napoli e Roma sono distese al di sopra di una profonda piattaforma di tufo che emerge magmaticamente in superficie di tanto in tanto. Il tufo è una roccia benedetta dagli dei per i suoi molti pregi, quali versatilità e bellezza, e proprio grazie al tufo si sono formate catacombe e necropoli che prefigurano tuttora la possibilità di grandi città interamente sotterranee, un po’ simili a quelle che disegnò Paolo Soleri negli anni Settanta in Arizona. Chissà, se sotto New York ci fosse stato il tufo oggi forse avremmo due Grandi Mele, una sopra per il giorno e una sotto, speculare, per la notte.
La metropolitana di Napoli è diventata oramai una vera e propria "leggenda metronapoletana”. Tutti in Europa e in America ne parlano: basta seguire un po’ la stampa estera. È un progetto-scommessa. A parte il caso di Mosca, credo che i precedenti risalgano alle stazioni parigine di Hector Guimard nei primi anni del secolo scorso. Questa metropolitana ha veramente sorpreso tanta opinione pubblica abituata ai soliti cliché su Napoli. Sono tanti gli artisti che vi hanno già partecipato, e altri ne arriveranno. Intanto è già stata felicemente definita “Museo obbligatorio" e quello che ha stupito (ma solo coloro che non conoscono il carattere dei napoletani) è stata la mancanza assoluta di vandalismo, nonostante che molte opere siano esposte alla serena ormai da molto tempo.
Investire sull’immagine oltre che sulla funzionalità di una metropolitana oggi ha un ritorno immediato, visti i flussi di turisti e operatori commerciali che scelgono questo mezzo per conoscere una nuova città. La metropolitana è una specie di alias della città, che non può essere percepita dallo straniero di passaggio altro che per spot o per cartolina, come chiunque di noi ricorda dopo i primi viaggi nelle grandi metropoli.
Dove si è svolto il suo intervento?
All’ingresso della stazione Mater Dei, aperta lo scorso luglio e precisamente in via Leone Marsicano. Li ho creato cinque ellissi (assi: metri sei per cinque) con bassorilievi colorati su fondo giallo Napoli, uno a fianco dell’altro e con due panchine di separazione. Su quest'opera si può camminare, anzi si deve, dato che il titolo è Paradiso Pedestre. I bambini l’hanno capito il giorno stesso dell’inaugurazione e hanno cominciato a giocarci subito sopra. In fondo alla strada c’è una mia statua in bronzo colorato di circa metri 2,50 appoggiata su un piedistallo di metri 1.30 in pietra lavica dell’Etna. Il suo titolo è Carpe Diem... È stata realizzata in una straordinaria fonderia, ricavata dentro un’antica cava greca di tufo proprio sotto la Chiesa del Buon Consiglio, vicino alla rotonda di Capodimonte, e anche lo scrittore Camillo Langone l'ha visitata. Li tutti sono bravissimi... Quindi, se avete bisogno di una statua equestre per il vostro giardino, o per la vostra città, vi prego, non esitate...
Ecco, dopo tanta pars destruens, queste poche parole costituiscono la mia pars construens. Altro non vel dico, ma se passate per Napoli avete tutte le coordinate per visitare l’opus magnum e inviare le peggio critiche o i meglio complimenti... ciao!
Aspetti. Che cosa farebbe, se potesse, nella metropolitana di Milano?
A proposito della metropolitana milanese (MM)? Bene, la rossa e la verde sono austere, ma molto, molto ben progettate, anzi straordinarie. Danno sicurezza, sai che ti porteranno sempre a casa... invece quella gialla è, purtroppo, un po’ Milano da bere... ha una segnaletica spesso confusa, con luci eccessive (lustrini) e non direzionate secondo i flussi: necessiterebbe di un buon restyiing. Poi c’è il Passante ferroviario, molto freddo, essenziale ma ha spazi (il lungo collegamento con Porta Venezia) su cui si potrebbe intervenire nuovamente e bene... Mayor Albertini, have a look ofthe Naples subway.