Il vero Elémire Zolla ve lo racconto io
Razionalista. Incapace di qualsiasi crudeltà. Avverso al fascismo. Ad un mese dalla scomparsa del pensatore torinese, l'ultima compagna sfata i luoghi comuni che hanno circondato la sua figura
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Beati i poveri di fiato - e cioè coloro che nella vita hanno molto riso e molto pianto e molto si sono affannati a conoscere - perché loro è il regno dei cieli. Così Elémire Zolla amava interpretare l'enigmatica frase del Vangelo sui poveri di spirito. Alle 8.36 del mattino del 29 maggio scorso l'ultimo fiato abbandonava Zolla. Una crisi cardiaca lo aveva colto nel suo letto all'inizio della notte. Si era rifiutato di andare in ospedale, aveva respinto ogni cura, si era misurato per ore, interamente lucido, col respiro che gli mancava, conservando l'ultimo per una tazza di tè. Grazia Marchiano, sua compagna di vita come di pensiero, non si era scostata un istante dal suo fianco. «Elémire è morto nella condizione alla quale aspirava e che aveva descritto in anticipo nei Mistici dell'Occidente», sussurra ora questa donna esile e forte, ordinaria di estetica, orientalista e indologa. «È morto come aveva immaginato, una morte perfetta: prestando un’attenzione ridotta all'io sofferente, attuando una resa alla forza delle cose».
La casa di Montepulciano è ancora piena della vita di Zolla, dai suoi libri ai minuti reperti della grande collezione orientale. La vedova ha davanti i molti ritagli dei giornali che in queste settimane si sono prodigati in ritratti parziali, contrastanti fra loro. Ha accettato di rompere il riserbo e dire, dei cliché che circondano la figura di Zolla, tutto quello che pensa. «È stata trasmessa di Zolla un'immagine poco veridica».
Cominciamo dal primo dei luoghi comuni: Zolla iirrazionalista, l'ispirato, il mistico orientaleggiante.
«Altro che irrazionale! Se c’era un logico assoluto era lui. Su una razionalità rocciosa e adamantina ha costruito un sistema di obiezione allo spasmo dualistico ragione-irrazionalità del pensiero occidentale. Nelle filosofie e religioni dell’Asia ha visto soluzioni per il suo superamento».
Allora come collocare Zolla nella storia del pensiero?
«Una collocazione storica corretta di Zolla è nella linea degli scopritori otto-novecenteschi di un Oriente visto come luogo cruciale di filosofia. A partire da Schopenhauer, che colse la profondità della mente buddhista. E poi da Nietzsche, che teorizzò il dionisismo. In II dio dell'ebbrezza Zolla fa affiorare la sotterranea corrente sciamanica che attraversa la sapienza occidentale».
Ce un altro cliché molto diffuso: Zolla grande capo dell’Internazionale degli Gnostici, la triade Ceronetti-Zolla-Cioran...
«La gnosi è per definizione cosmopolita, ma certo non nel senso di un’Internazionale Gnostica. Zolla era uno studioso della dimensione gnostica della conoscenza. La triade Ceronetti-Cioran-Zolla è un teatrino un po’ sbilenco. Non mi risulta che Zolla si sentisse affine a Cioran. Con Guido erano amici».
C’era dunque affinità con Ceronetti?
«Vede, quando si dice gnostico si implica un atteggiamento di pessimismo radicale. Lo gnostico è un essere tallonato dalla tenebra. Questa è in effetti la dimensione di Ceronetti. Ma nella visione di Elémire non c'è un corteggiamento della tenebra di natura malinconica. Il suo è stato un ininterrotto corteggiamento della luce».
Un ulteriore stereotipo è quello di uno Zolla esoterista e perfino occultista.
«Spiritismo, occultismo, satanismo sono fenomeni che scrutò a fondo, e si convinse che coloro che li praticano si illudono di entrare nella profondità delle cose».
C'è una componente inquietante nei lineamenti di Zolla che emergono da Belinda e il mostro, la biografìa di Cristina Campo pubblicata da Adelphi. L’autrice, Cristina De Stefano, e quanti da lei interpellati azzardano una sorta di crudeltà di Zolla verso la Campo, quasi fosse il mostro del titolo.
«Zolla era incapace di qualsiasi crudeltà verso persone o animali- in lui esisteva solo l'insofferenza intransigente verso il fanatismo e il fideismo. Di qui il rifiuto della fase fanatica di Vittoria Guerrieni (il vero nome della Campo, ndr). Le messe, le genuflessioni al Russicum, la cerchia di beghine attorno a Vittoria erano viste con un distacco ironico, che lo portò a isolarsi da lei.
Conte ha reagito Zolla alla demonizzazione della De Stefano?
«Ne è stato amareggiato negli ultimi mesi della sua vita. Il quadro non corrisponde alla natura autentica dei rapporti, via via mutati, che lo hanno legato a Vittoria»,
Com'era stato, allora, il rapporto tra Zolla e la Campo?
«Un rapporto di amore iniziale molto forte, che aveva avuto origine da un lato in una loro compatibilità felice, dall'altro nello straordinario talento poetico di Vittoria. È la fase di Elémire romanziere: Minuetto all'inferno (Premio Strega ‘56}, Cecilia o la disattenzione (‘61). Andava a cena con Moravia, la Morante e i loro amici. Vide in Vittoria una letterata autentica, oltre che una creatura segnata dalla malattia cardiaca. Un’altra fonte di complicità con un ex malato di tisi alle prese con continue ricadute».
Ma con la Campo non cera anche un'affinità dì visione del mondo?
«Non credo che la loro affinità avesse dei robusti fondamenti filosofici. Vittoria era una lettrice onnivora priva di formazione accademica, Il loro sodalizio si inserisce nella stagione di apertura di Zolla alla letteratura e alla mistica».
La Campo collaborò alla stesura dei Mistici dell'Occidente, che usci da Garzanti nel '62.
«Quella monumentale antologia Elémire la allestì trafelato in pochi mesi, costretto a letto, in preda alla febbre. Fu aiutato da una giovane suggerita da Citati, che gli raccoglieva i lesti. La Campo forni solo la traduzione di alcuni, come è indicato nel libro.
Perché Zolla non ha mai smentito le leggende sul suo conto, neanche quella del possibile «mostro»?
«Zolla sapeva stare al mondo, ma anche difendersi dai suoi assalti. Era stato un bambino solitario. Mentre la madre inglese dava lezioni di pianoforte e il padre pittore lavorava, i libri divennero il suo mondo. C'è un carboncino del padre che mi fa trasalire. Raffigura un piccolissimo Elémire con le mani strette al petto e l espressione di chi si prepara a dare le spalle al mondo. È questo che fece durante tutta la vita».
Ultimo cliché: Zolla reazionario, elitista e pensatore di destra.
«Elèmire nasce durante il Ventennio. È un angloitaliano, sviluppa sentimenti di avversione al fascismo e a ogni ''ismo". Al Platone teorico della politica sentì di preferire i platoni indiani come Naràrjuna, il teorico della "via di mezzo” buddhista».
Siamo alla fase indiana di Zolla, che, se non sbaglio, comincia con il sodalizio con lei.
«Prima di incontrarmi Zolla era arrivato fino alla Persia, Con me scoprì l’India e l'Asia orientale».
Ma la scienza occidentale, e il progresso che le si accompagna, per Zolla non erano diabolici?
«Non c’era antiprogressismo in chi nel 1990 inaugurò il dibattilo sulla realtà virtuale e le implicazioni delle tecnologie informatiche. Nel 2030, esclamava gioioso, si potranno cambiare tutti i pezzi dei nostro cervello, vivere più dimensioni…».