La lettura è morta, non piangete
Intervista con il semiologo americano Brian Stock: si chiude un processo nato con Agostino all'inizio del Medioevo
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In centinaia hanno fatto la coda al Collège de France, a Parigi, per ascoltare le sue lezioni sulla «conoscenza di sé»; in moltissimi affluiranno a marzo alle Rosenbach Lectures che la University of Pennsylvania dedicherà a questo e altri temi della sua ricerca. Brian Stock - americano, professore a Berkeley e Toronto, uno dei massimi studiosi viventi di filosofia medievale e semiologia ha inventato un nuovo filone di studi che, sfiorando il versante nobile del New Age, spiega la sua popolarità in tutto il mondo: le tradizioni meditative, la preistoria delle più recenti terapie (confessione, autobiografia, meditazione verbale e visuale), la «storia delle emozioni», la mind/body medicine e i rapporti tra etica, letteratura e corpo.
Professor Stock, condivide l'opinione, comune tra gli intellettuali cosiddetti apocalittici, che la nostra civiltà del testo sia sul punto di morire?
«E' un errore degli eruditi, specie degli universitari, pensare sempre in termini di decadenza. La rivoluzione mediatica a cui assistiamo ha una grandezza pari alla rivoluzione che ha segnato la fine del mondo antico. E' solo l'ultima di una serie di grandi trasformazioni: il passaggio dal mondo prevalentemente orale dell'antichità al mondo della lettura, del pensiero interiore del Medioevo; l'invenzione della stampa; e adesso, da cinquanta o sessant’anni, le nuove trasformazioni legate ai mezzi di comunicazione di massa. Ma questo non è che il chiudersi di un cerchio, il concludersi di un processo cominciato con l'inizio del Medioevo».
Vuole dire che la crisi della civiltà della lettura può essere vista non come una deriva verso secoli bui, ma come un ritorno alla classicità?
«Sì. Trovo che oggi siamo in questo senso molto più vicini al mondo classico che al mondo del Medioevo. I filosofi antichi avevano un'idea dell'interiorità non legata alla lettura, ma, come per Descartes, al pensiero puro. Durante il Medioevo, con lo studio delle sacre scritture nelle tre grandi religioni monoteiste, il legame tra interiorità e lettura, orale o silenziosa, si è fatto più stretto. Tutto questo è durato fino al XVIII secolo, forse anche fino al XIX. Ma adesso assistiamo a una sorta di ripensamento».
Quando l'Occidente si è staccato dalla tradizione antica?
«Fra il III e il V secolo della nostra era. E' stato Agostino a rinnovare completamente il pensiero antico, formulando la prima teoria della natura legata a una filosofia del linguaggio e cercando di saldarla a una teoria dell'interpretazione applicata non solo al testo ma a ogni segno di vita». E qui nasce la tesi del suo ultimo libro, appena uscito in America in edizione economica, su Agostino lettore, meditazione, conoscenza di sé e etica dell'interpretazione. «Sì, perché in questo modo Agostino ha annunciato anche la prima teoria della lettura, che sarà sviluppata dai pensatori del Medioevo e del Rinascimento».
Questo pensiero, adesso, sta di nuovo cambiando?
«Sì. Siamo, ritengo, alla fine del grande periodo della lettura in Occidente. Oggi, con il progresso delle immagini, diviene evidente la sconfitta di quel genere di trasmissione del sapere. Ma il mondo orale in cui stiamo entrando ha dei precedenti. In Cina, un tempo, le persone educate a leggere e scrivere erano una piccola minoranza, anche nel Medioevo. E' stata unicamente la nostra epoca a coltivare l'idea, oggi sconfitta in tutt'Europa, che l'educazione potesse creare un'enorme classe colta».
Un'idea recente.
«Non più vecchia di cent'anni. Nei periodi precedenti la cultura popolare giocava un ruolo sotterraneo e fondamentale in molti campi. Ma la cultura dominante non lo ammetteva e il consenso derivava sempre da una sorta di accordo fondato sulla cultura scritta. Oggi, io credo, questo consenso non c'è più».
E' ciò che chiamiamo la Nuova Ignoranza. L'omologazione legata ai media ha in realtà rescisso, come ha sottolineato Hillman, ogni codice comune.
«Certo, e la prima cosa che vediamo nascere in questo mondo omologato dai media è la manipolazione delle masse. Abbiamo visto, nel XX secolo, la tragica psicosi prodotta dal nazismo sulle masse tedesche, che ha avuto un seguito nella Francia di Vichy oltreché un precedente nell'Italia fascista».
Una manipolazione che riguarda i totalitarismi del '900?
«Niente affatto. Non bisogna credere che le nostre democrazie siano innocenti. Le possibilità di questo tipo di manipolazione sono molte. Negli Usa i media sono usati molto spesso in questo senso. Ma, nello stesso tempo, la gente non è stupida. Una volta manipolata, diffida».
Vuol dire che si sta creando una psicologia nuova?
«Tutto quanto è prodotto dai media è soggetto alla critica e da questo deriva la caratteristica più evidente dell'età hi cui oggi viviamo: il fatto che nessuno crede più a nulla. Tutto ciò che viene detto, alla radio o alla televisione, è sistematicamente criticato e distrutto. Mi trovo spesso a conversare con i giovani e sono loro i più cinici. In politica questo fenomeno è arrivato a rendere impossibile ogni schema progressista, perché tutto è sistematicamente distrutto dalla critica. Nella società tutto è azione e dispersione. Si è perduta la mentalità contemplativa».
Anche lei è stato sedotto dal buddhismo?
«No, per mente. Credo che nell'attuale proselitismo buddhista si celi una grande generalizzazione, non so quanto giustificata. E tuttavia il buddhismo ha qualcosa da mostrarci nella ricerca interiore, nella misura in cui questa si lega alla meditazione. E' un'altra via alla conoscenza di sé, che non richiede ragionamento né comprensione logica delle cose, ma richiede - come si è soliti dire in termini zen - di sbarazzarsi delle cose».
Lei lo fa?
«L'ho fatto stamattina. Le chiese sono luoghi di silenzio, ormai disertati dalla folla, dove ci si può facilmente staccare dal mondo. Ma si può ottenere questo distacco ovunque. A Parigi faccio spesso meditazione in métro proprio perché è un luogo atroce e affollato. Quando ho un lungo percorso da fare, molto spesso chiudo gli occhi come se stessi dormendo, perché molte persone dormono nel métro e sembra che io sia come gli altri. Ma invece sono perso nella meditazione».