L'eredità di Wojtyla
Otto secoli dopo i crociati un gesto per gli ortodossi
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Il 26 novembre scorso, quando Giovanni Paolo II ha restituito al patriarca ecumenico Bartholomeos le reliquie di Gregorio di Nazianzo e Giovanni Crisostomo, erano passati 800 anni dalla terribile devastazione in cui i crociati le avevano trafugate da Costantinopoli. La riconsegna dei resti dei fondatori della teologia ortodossa, anzi, della teologia cristiana, non è stata solo un'ammissione di colpa storica e non è avvenuta nella stagione di revisionismo in cui la Chiesa cattolica sembrava essersi spinta - non senza giustificate polemiche interne - a chiedere scusa per Giordano Bruno o per Galileo, per l’lnquisizione o per il presunto collaborazionismo. No, nel 2004, anniversario della conquista crociata ma anche dello scisma tra le Chiese del 1054, quello di Wojtyla è stato un ultimo vero gesto ecumenico. Un messaggio di alta densità simbolica, 15 anni dopo l'evento cardine del pontificato del «Papa geopolitico»: la caduta del muro di Berlino e dell'insormontabile barriera tra l'Occidente e la civiltà ortodossa creata, dopo la fine di Bisanzio, dal suo passaggio sotto l'egida di Mosca.