Il Gesù sconosciuto, un pò esistenzialista, certamente apocrifo
"Le parole dimenticate di Gesù" a cura di Maurizio Pesce
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E’ Natale, è nato Gesù. Ma se c'è una cosa che proprio non sappiamo è chi fosse. In duemila anni gli storici non sono riusciti ad appurarlo con certezza. Non sappiamo esattamente in che anno nacque né tanto meno in che mese e giorno. Non certo il 25 dicembre, data successivamente presa a prestito dalla festa del dio Mitra. Soprattutto, cosa fece fino a quando, sui trent'anni, cominciò a predicare? quale delle tante scuole esoterico-filosofiche che gremivano le province orientali dell'impero romano avrà frequentato? Non sappiamo che cosa abbia veramente detto. Tutto ciò che conosciamo di lui è stato scritto molto dopo la sua morte. Nessuno che ci tramanda le sue parole le udì pronunciare. Solo dalla seconda metà del II secolo il Nuovo Testamento si impose lentamente sulla quantità di altri vangeli circolanti, quelli che chiamiamo "apocrifi" e che oggi la Fondazione Valla pubblica in un volume non solo straordinario in sé, ma perfetto per affrontare il Natale con qualche cognizione di causa su cosa stiamo festeggiando (Le parole dimenticate di Gesù, a cura di Mauro Pesce, Mondadori-Fondazione Valla, pp.814, € 27). Le centinaia di testi greci e latini di questo libro, solo una frazione del nugolo che possediamo nelle antiche lingue orientali, sono emarginati dalla chiesa, che considera canonici solo i quattro vangeli di Matteo, Marco, Luca e Giovanni. Ma i loro stessi autori, chiunque fossero, avvertivano che "molti altri" avevano già messo per iscritto «un racconto degli avvenimenti successi» (Luca, I,1) e che oltre a quelle contenute nei loro vangeli «vi sono ancora molte altre cose compiute da Gesù» (Giovanni 21,25). «Fino a quando la morte avrà dominio? Fino a che voi donne partorirete». Un Gesù esistenzialista? Sembra buddhista il detto di un papiro di Ossirinco: «Il regno di Dio/ è dentro e fuori di voi». Quasi shintoista quest'altro: «Solleva la pietra/ e lì mi troverai, / taglia il legno e io/ sono là». Quando nei vangeli canonici si parla del digiuno, non si alluderà a quello metaforico definito dal detto: «Beati coloro che digiunano quanto al mondo», ossia coloro che se ne astraggono alla maniera dei filosofi stoici? Analogamente, Gesù nella sua predicazione avrà parlato alla lettera di una resurrezione dei corpi, promessa che ha tanto contribuito all'affermarsi della religione cristiana, o si sarà espresso anche qui per metafora, come sembra suggerire il detto riportato su un lenzuolo funerario del VI secolo: «Non vi è nulla di sepolto che non sarà risvegliato».