Il mio POPE è come un rock
Suonano e girano videoclip: così i monaci ortodossi di Triforko conquistano l'hit parade greca
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Ha battuto Madonna, ha fatto dimenticare i più famosi cantanti. Ha conquistato in Grecia il disco di platino con 52.000 copie esaurite. Il profilo del monaco ortodosso nerovestito, magro, pallido, con una folta barba nera e una lunga coda di cavallo, si erge in cima a una montagna. Rivolto alle nuvole, ai gabbiani e al mare in lontananza, il monaco canta. Non sta salmodiando, non modula gli inni della millenaria liturgia bizantina: intona una canzone rock. «Ho imparato a vivere libero», si intitola la canzone, ed è ancora in testa alla hit parade. Il videoclip, opera artigianale e abbastanza rudimentale dei confratelli dell'oscuro monastero appollaiato sui monti della Focide, Trikorfo, imperversa da mesi nelle case, nei bar e nelle discoteche di tutta la Grecia. Ma il CD omonimo è stato prodotto e venduto senza codice a barre. E questo è già un segnale, un messaggio. Il codice a barre compare spesso nel videoclip, lampeggia a intermittenza in primo piano, avvolto dalle fiamme. Infatti, è una delle invenzioni sataniche della modernità contro cui il testo della canzone lancia la sua sfida. Così come la tastiera del computer. Così come l'immagine ossessiva di un satellite che controlla dall'alto il globo terrestre e disegna la rete di Internet, unico padrone di un cielo vuoto, disertato dalle schiere angeliche degli antichi affreschi. «Ma la storia non si dimentica», canta il cupo papàs scoprendo i denti. In basso, piccoli uomini alienati si accalcano nel traffico, stanno inchiodati davanti alla TV o al PC, sorseggiano aperitivi dai colori elettrici in qualche squallido American Bar. Stanno godendo i privilegi della modernità: che sono in realtà, suggeriscono le immagini e le parole della canzone, opere del diavolo. La tecnologia e il progresso hanno sottratto agli abitanti del pianeta la vera libertà. «Vivi per farti schiavo!», scandisce a ritmo di rock, ieratico, il cantante. Il suo nome è Panteleimon. I confratelli di Trikorfo arrancano alla chitarra e alla batteria. «I capi, i magnati, i banchieri, i proprietari di canali televisivi condizionano i tuoi figli. Il progresso divora l'amore, la verità, la giustizia. Fratello, resisti!». Una sequenza di immagini mostra le sofferenze del Terzo Mondo, la creatività del suo artigianato, i pericoli della globalizzazione. In un'altra canzone del CD il protagonista è decisamente uno «Tsipakl», alla lettera un «Piccolo chip di Computer». E Panteleimon canta: «Sono un chip, sono così piccolo, ma ti porterò alla schiavitù». I monaci autori del video e del Cd sono noti con il nome di Eléfteri, «i liberi». Oltre a suonare il rock si dedicano, tra le montagne, al rafting e al climbing. Gestiscono un campo per ragazzi ed è stato «constatando il loro disagio», ha dichiarato l'archimandrita Nectarios, capo spirituale e manager del gruppo, che hanno composto le loro canzoni: «per dare ai giovani», ha detto, «valori nuovi». Ma il «nuovo», come c'era da aspettarsi, non è piaciuto per nulla al Sacro Sinodo della Chiesa Greca, che ha messo i monaci di Trikorfo sotto accusa. L'austera cultura ecclesiastica ortodossa adora la tradizione, non ha mai somigliato alla decadente Roma dei fasti papali né alla recente Roma dei fasti giubilari, dei concerti pop in Vaticano, delle messe con la chitarra, delle benedizioni elargite dai cardinali ai cantautori redentori dei giovani. Il dominio dei media e anche del mercato discografico lo ha lasciato serenamente a Giovanni Paolo II, in vetta alle classifiche l'anno scorso con la compilation «Abba Pater». La chiesa ortodossa preferisce gli inni, professa la teologia dei padri, il silenzio dei mistici, l'understatement. Si occupa se mai della tutela dell'ambiente, ma sempre in modo riservato, aristocratico e austero. La chiesa ortodossa non ama il clamore dei media. Ma poi, dopo molte controversie - la notizia è di oggi - è arrivata a un compromesso. Ha concesso il perdono all'archimandrita Nectarios, a patto che Panteleimon, il cantante del gruppo, non porti più l'abito monastico quando si esibisce, in video o in voce. Sono buoni cristiani, allora, i «Liberi» di Trikorfos? Se il sinodo ha fatto un passo indietro, non altrettanto fanno, in Grecia, intellettuali e giornalisti, che hanno denunciato certi lati oscuri dello spregiudicato e bene introdotto Nectarios. L'idilliaco monastero filmato nel videoclip è definito una «Disneyland dei Miracoli» nel cubitale titolo di uno dei principali quotidiani greci, l’Elefterotypìa, che domenica scorsa ha denunciato le speculazioni edilizie e commerciali celate dietro le sue mura e dietro l'ambigua personalità del suo abate. Qualcosa di ancora più inquietante si nasconde dietro le proteste antitecnologiche delle canzoni dei monaci rock: uno strisciante nazionalismo e un esplicito antisemitismo. «Parlano di pace e poi bombardano», canta Panteleimon, e sullo schermo viene irrisa la figura pacificatrice di Rabin, seguita da immagini della guerra in Palestina. Soprattutto il Protocollo dei Savi di Sion, testo base della propaganda che mostra antisemita nazista, troneggia nell'imponente settore merchandising del monastero di Trikorfo.
Quel codice a barre avvolto dalle fiamme come i libri di Fahrenheit 451, quel microchip che parla come Mefistofele dovevano in effetti metterci sull'avviso. Doveva essere un monaco vestito di nero, pallido trash di un moderno Savonarola, a segnalarci che l'insidia del fanatismo e del populismo reazionario può sempre affiorare dietro le frange dell'ideologia di Seattle e dietro la demonizzazione della Rete dei computer.