San Buddha e San Bach.
Un martirologio ecumenico, eresia a Bose
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Buddha e Savonarola, Kierkegaard e Confucio, Calvino e John Donne, Rumi e Gioacchino da Fiore, Gandhi e Lutero, Pietro Valdo e Martin Luther King, Edith Stein e Paisij Velickovskij... Quale prelato fino a qualche anno fa avrebbe potuto credere ai suoi occhi, trovando questi nomi allineati in un calendario liturgico - nel gergo ecclesiastico, un martirologio?
Albert Schweitzer e Thomas Becket, Thomas Merton e Teresa di Lisieux, Ignazio di Loyola e il cardinale Newman, Andrea il Folle e Etty Hillesum, Isacco di Ninive e Louis Massignon... Chiunque, fino a qualche anno fa, avrebbe pensato a un'idea da racconto di Borges, alla genealogia immaginaria di una nuova isola di Utòpia: non a caso Tommaso Moro vi è celebrato nella liturgia del 22 giugno.
Oggi invece questo martirologio esiste davvero. Il "Libro dei Testimoni", dove eresiarchi e filosofi, musicisti e poeti, eroi e mistici di ogni religione e confessione del globo sono evocati e invocati insieme, è stato appena pubblicato dalle cattolicissime edizioni San Paolo. Speculare e inverso al suo più immediato sebbene remoto precedente, quello controriformista del cardinal Baronio cui in linea diretta si richiama, è dedicato congiuntamente al papa di Roma, al patriarca di Costantinopoli e al segretario generale del Consiglio Ecumenico delle Chiese, oltreché a tutti i cristiani del mondo. A concepirlo e scriverlo è una comunità ecclesiastica, vera e severa: quella dei monaci di Bose, che da decenni, dalla fine del Concilio Vaticano II, coltivano la missione dell'ecumenismo con idee teologiche ben chiare, basi dogmatiche inoppugnabili e un notevole coraggio.
Il martirologio ecumenico di Bose è un libro dei "santi" - sebbene non sempre propriamente né ufficialmente tali, comunque Illuminati o Giusti o Eletti - da celebrare giorno per giorno con appropriate preghiere. Come spiega nell'introduzione il priore Enzo Bianchi, il termine martirologio deriva da "martys", in greco "testimone". Tale è chiunque, nella millenaria vicenda del pensiero, sia stato ispirato dall'afflato divino e l'abbia trasmesso con opere in grado di trasportare gli umani in altre sfere. Si sia trattato di dipinti come quelli di Andrej Rublev (17 luglio), o di versi come quelli di Giovanni della Croce (14 dicembre), di filosofie come quella di Gottfried Wilhelm Leibniz (14 novembre), di armonie come quelle di Johann Sebastian Bach (28 luglio).
Quanto ai martiri nel senso comune, il martirologio di Bose è, se possibile, anche più rivoluzionario. Associa gli antichi 40 martiri di Sebaste con i 32.000 martiri cinesi della rivolta dei Boxer, i romani sbranati dalle fiere a Lione con i martiri ebrei della Notte dei Cristalli, con quelli del regime stalinista, con quelli uccisi dai cristiani nella prima Crociata, con quelli inglesi, indistintamente anglicani e cattolici, sterminati nella Riforma.
Vorremmo che questa liturgia venisse adottata in ogni chiesa. Che le campane suonassero e i fedeli bisbigliassero versi a Rumi e a Donne. Che nelle case ogni mattina ciascuno ringraziasse come cosa sacra la disperazione di Kierkegaard, l'ispirazione di Bach. Profondo, umanistico e sincretistico, il Martirologio di Bose potrebbe essere definito gnostico, se questa parola non fosse stata offuscata, nelle dispute del cristianesimo, dall'alone dell'eresia.