Parlare con Dio? È un soffio
Alla comunità di Bose il convegno ecumenico sulla spiritualità ortodossa
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"Quando siedi nella tua cella silenziosa e vuoi raccogliere il tuo spirito, aspiralo dal naso, attraverso cui il respiro va al cuore, e spingilo e costringilo con forza a raccogliersi nel cuore insieme all'aria aspirata. Quando sarà entrato, tutto quello che viene dopo sarà pieno di gioia. E poi, fratello, devi abituare lo spirito a non uscire troppo presto. Sulle prime sarà molto angustiato, ma quando si sarà abituato non cercherà più distrazioni esteriori. Perché il regno dei cieli è dentro di noi".
Così scriveva un mistico bizantino, e si sa che nel pensiero religioso le diverse dimensioni spaziali e quindi i diversi "regni" — il paradiso, l'inferno — sono propriamente degli stati, e non dei luoghi. Un numero sempre maggiore di credenti capisce che l'esicasmo ortodosso (da esichìa, "quiete") è la tradizione cristiana che più di ogni altra ha cercato la via per acquisire quello stato interiore che il teologo Paisij Velic^kovskij definì “arte delle arti” Il neospiritualismo new age ha cercato di recuperare quest'antica arte attraverso surrogati semplificati e globalizzati di tradizioni spirituali non cristiane. Ma i monaci di Bose sanno che, se si cerca, si trova tutto all'interno del cristianesimo. A patto però di non censurare le sue multiformi espressioni per motivi di rivalità interna tra le chiese.
In questa prospettiva hanno dedicato l'annuale convegno ecumenico sulla spiritualità ortodossa, i cui lavori si aprono domani 16 settembre, alla preghiera di Gesù: quel grido interiore che il "quietismo" ortodosso prescriveva per attenuare i disagi dell'antico metodo psicosomatico che abbiamo sopra descritto. Oggi lo chiameremmo un mantra: “Signore Gesù Cristo, abbi pietà di me”.
Come ha sottolineato il priore Enzo Bianchi nel suo discorso di apertura, la ripetizione è l'essenza della preghiera interiore esicasta, in cui il nome divino è "un’ininterrotta invocazione, come il respiro dei viventi". "Ogni respiro dia lode al Signore", canta del resto il Salmo 150. La ripetizione del Nome di Dio è presente anche nella tradizione ebraica hassidica e ha analogie, secondo Bianchi, con alcune pratiche di orazione cattolica. "La Jesu dulcis memoria ha scandito le ore dei santi, da Bernardo di Chiaravalle a Francesco di Assisi" ed è al centro della stessa preghiera del rosario.
E' giusto sottolinearlo. Ma va detto che in realtà la fisiologia mistica e la teoria della respirazione degli esicasti bizantini e poi russi avevano pochissimo contatto con il ceppo occidentale del misticismo. Nel grande revival della mistica che accomunò tutto il mondo nel XIII e XIV secolo, l'esicasmo nacque da un incontro di tradizioni orientali possibile solo nel mondo bizantino, dove il cabalismo e il misticismo rabbinico convivevano con le dottrine estatiche del sufismo. Soprattutto, la tecnica esicasta si avvicina a quella indù. Oltre che con l'esaltazione sufica del dhikr interiore, aveva e ha molti tratti in comune con le pratiche yoga e le prescrizioni tantriche e taoiste.
Nasce di qui la quasi millenaria diffidenza del cristianesimo occidentale per l'esicasmo. Omphalopsychoi, "dall'anima dentro l'ombelico", erano soprannominati gli esicasti dai teologi medievali vicini alla chiesa cattolica, che denunciavano come eretica la ricerca di quei monaci. Già nel XIV secolo il tomista Barlaam Calabro parlava con scherno delle loro "distinzioni tra luce bianca e rossa, entrata e uscita intellegibili e simultanee alla respirazione attraverso le narici, vibrazioni che si addensano intorno all'ombelico" .
Ma è proprio per questo che il convegno di Bose è particolarmente coraggioso e meritorio nel suo intento di far conoscere questa consuetudine fondamentale, per quanto ambigua e controversa, della spiritualità popolare ortodossa. Una consuetudine che ha ispirato i massimi scrittori russi e anche, sebbene più segretamente, il pensiero occidentale, quando nell'Ottocento si era trasmessa al romanticismo slavo e i Racconti di un pellegrino, ambientati nelle campagne della Santa Russia, avevano narrato il cammino spirituale di un viandante, un anonimo povero cristiano che cerca di capire come sia possibile accogliere l’invito di Paolo a "pregare incessantemente".
Oggi l'esicasmo conosce un altro grande revival. Basta pensare a Arvo Pärt, il grande musicista pochi giorni fa ospite nella stessa Bose, che definisce "esicasta" la sua musica. E l'interesse per il mondo che ha conservato viva dentro di sé la tradizione esicasta bizantina è tanto più attuale in un momento così delicato dei rapporti tra le chiese, in cui quella cattolica sta cercando di mostrare a quella ortodossa il proprio rispetto per la sua religiosità popolare. E' questo il significato della consegna della veneratissima icona di Kazan, finalmente consegnata al patriarca Alessio II dal cardinale Walter Kasper il 28 agosto scorso.
Quel giorno, al Cremlino, c'era anche il priore di Bose. Il quale spiega che nella puntualizzazione di Alessio II sulla non autenticità del dono papale non bisogna cogliere, come molti osservatori hanno fatto, una sfumatura polemica. "Tutti sanno che l'icona conservata in Vaticano non poteva essere l'originale distrutto e neanche la sua copia più antica, ma una delle ugualmente miracolose copie del XVIII secolo, disperse durante la rivoluzione. Sottolinearlo significava, per Alessio, giustificare l'assenza del papa. Giovanni Paolo II non era lì non perché la chiesa ortodossa russa non lo volesse, ma perché non era necessario”.
C'è un rapporto diretto tra il convegno che si apre domani e la consegna dell'icona di Kazan. E' stato durante l'udienza al Cremlino che il patriarca russo ha promesso di inviare a Bose i suoi vescovi. E lo ha fatto. L’arcivescovo Maksimilian di Vologda e il vescovo vicario per la diocesi di Mosca Aleksandr di Dmitrov sono presenti, così come, fatto significativo, l'igumeno del monastero delle Grotte di Kiev: quello che il papa non poté visitare nel suo recente viaggio. I prelati russi, insieme a vescovi, metropoliti, archimandriti e monaci di tutte le chiese ortodosse, si incontreranno per parlare della preghiera di Gesù con rappresentanti cattolici autorevoli come Johan Bonny del Pontificio Consiglio per l'Unità dei Cristiani, il nunzio apostolico a Mosca Antonio Pennini e il cardinal Silvestrini, oltreché con studiosi come il benedettino Michel van Paris. "Siamo convinti", ha detto Bianchi, "che se i cristiani non sapranno dilatare lo spazio della loro preghiera, allora l’incontro tra religioni invece di fiorire in dialogo imploderà in un conflitto irrimediabile".