Teodora: potere spudorato
Nel centenario della Théodora di Sardou interpretata da Sarah Bernhardt, un saggio di Paolo Cesaretti tenta di riabilitare l'immagine dell'imperatrice più scandalosa dell'antichità. Caposcuola dell'uso strategico della seduzione sessuale
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Un giovane borsista austriaco che pensionava a Parigi con un magro assegno di studio acquistò un biglietto da quattro franchi al botteghino del grande teatro. Vi rimase dalle otto a mezzanotte, stancandosi molto e morendo dal caldo, per assistere a “un drammone infernale" ambientato a Costantinopoli durante il regno di Giustiniano: Théodora, pièce in cinque atti e sette quadri di Victorien Sardou, con musica di scena di Jules Masscnet. Il giorno dopo, ancora provato, descrisse in una lettera alla fidanzata quella serata spossante, da cui aveva ricevuto tuttavia una grande impressione e tratto alcuni spunti d’osservazione non inutili alla disciplina nella quale si stava specializzando.
Il giovane si chiamava Sigmund Freud. Insieme con un amico russo, assistente del medico personale dello zar ma altrettanto squattrinato, finì nelle stalles d’orchestre, luogo che nella lettera alla fidanzata Martha Bemays suggerisce di tradurre senz’altro “stalle dell’orchestra". Da lì, lo spettacolo “si vedeva e si sentiva benissimo”, racconta Freud, “ma credo che nella tomba si abbia più spazio e, dato che ci si sta distesi, si stia più comodi”. E prosegue: “Dopo il primo atto, si bolliva alla temperatura delle uova sode; un po’ alla volta il caldo è cresciuto e. verso la fine, non c’erano parole per definirlo né modo di riferirlo. La maledetta megalomania dei francesi. Somministrano a una persona quattro ore e mezzo di teatro, allo stesso modo in cui danno cinque o sei portate da mangiare". Forse per questo il dramma di Sardou non riuscì a piacergli: “Una cosa vacua e fastosa, splendidi palazzi e costumi bizantini, l’incendio di una città, sfilate di guerrieri e tutto quello che vuoi sono assolutamente freddi".
A colpirlo in maniera indimenticabile, sollecitando il suo talento di psicologo, fu invece la protagonista. Nei panni di Teodora recitava infatti l’incarnazione vivente della femme fatale di fine secolo, Sarah Bernhardt. “Però, come recita quella Sarah!", scrive Freud. “Dopo le prime parole dette con voce intensa e dolce, è stato per me come se l’avessi sempre conosciuta. Non ho mai visto un’attrice che mi abbia sorpreso così poco, immediatamente ho creduto a tutto quello che voleva”. E ancora: “È incredibile come si adatti a tutte le situazioni, come aderisca al suo personaggio, come reciti con ogni parte del corpo. Una natura stranissima, e posso bene immaginare che non abbia assolutamente bisogno di essere diversa nella vita che sulla scena".
Per anni una fotografia di Sarah Bernhardt accolse i pazienti che entravano nello studio di Freud, a Vienna. Fu per lei che Jean Cocteau coniò l’espressione “mostro sacro". Se l’inventore della psicanalisi l’aveva eletta a rappresentante perfetta della trasformazione della nevrosi in arte, Robert de Montesquiou, il prezioso dandy dagli abiti color turchese, si vantò spesso di assomigliarle.
Mentre ricorre il centenario della rappresentazione del 1902 al teatro Sarah Bernhardt di Parigi, un libro dedicato alla Teodora storica, non privo di ambizioni narrative, si misura con il mito più scandaloso dell’antichità. In verità Teodora. Ascesa di una imperatrice, di Paolo Cesaretti (Mondadori, 339 pagg.. 18,08 €), tenta di riabilitare la consorte di Giustiniano come donna, oltreché come donna di potere, e di negare attendibilità storica alla sua carriera di pornostar testimoniata invece dallo storico bizantino Procopio di Cesarea, contemporaneo di Teodora (nata attorno al 500 e morta nel 548) e ben introdotto alla sua corte. Eppure Cesaretti ha tradotto senza apparente imbarazzo le pagine degli Anekdnta (carte segrete) di Procopio, che raccontano le performance erotiche della futura imperatrice.
Già prima dello sviluppo, Teodora seguì la carriera di cortigiana intrapresa dalla sorella maggiore, ma non essendo ancora formata per “unirsi agli uomini come una donna” si vestiva come uno schiavetto e si dava a sconci accoppiamenti da maschio nei lupanari.
Con la crescita si manifestò in lei un certo sadomasochismo, unito a crescente spudoratezza;”Non esitava ad acconsentire alle pratiche più svergognate, e anche se veniva presa a pugni e a schiaffi se la rideva della grossa, si spogliata e mostrava nudo a chicchessia il davanti e il didietro". Spesso, continua Procopio, si presentava a cena "con dieci giovanotti e anche di più, tutti nel pieno delle forze e dediti al mestiere del sesso; trascorreva l'intera notte a letto con tutti i commensali, e quando erano giunti tutti allo stremo passava ai servitori, che potevano essere una trentina, e si accoppiava con ciascuno di loro. Al culmine della carriera, "lavorando”, scrive lo storico, "con ben tre orifizi, rimproverava stizzita alla natura di non avere provveduto il suo seno di un'apertura più ampia, così da poter escogitare anche in tale sede un'altra forma di copula". Epico rimase un suo numero porno-zoofilo: sul palcoscenico, sotto gli occhi del pubblico più popolare, si spogliava e una volta rimasta nuda, portando intorno al sesso solo un perizoma, si stendeva al suolo. Supina. "Certi schiavi addetti a quell'incombenza le gettavano allora chicchi d’orzo sul pube, e oche opportunamente ammaestrate li beccavano a uno a uno".
Nel suo libro, che ha vinto l'edizione 2002 del Premio Grinzane Cavour per la saggistica, Cesaretti si adopera scrupolosamente a negare che la futura grande imperatrice di Bisanzio abbia fatto, in origine, la prostituta. Perché? Perché nell'ottica borghese moderna - dall'Ottocento di Sardou in poi - un comportamento sessuale femminile promiscuo, ai limiti della ninfomania, viene ritenuto incompatibile con la razionalità necessaria a esercitare il potere.
Eppure, quante donne nella storia, da Cleopatra a Caterina di Russia, hanno usato la più efficace alma lasciata loro dalia società maschile, la seduzione sessuale, per la loro ascesa? Forse che, al di là del giudizio morale che ciascuno può emettere, il sesso esclude il cervello? Forse che entrare nel Palazzo della politica dalla porta della camera da ietto, come fece Evita Perón, non richiede razionalità, forza di carattere, senso della strategia?