L'Islam svelato da un giannizzero
Cos'è realmente la jihad e come la si combatte? Attualità di una «cronaca turca» del Quattrocento
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Tra le vecchie e nuove testimonianze che gli editori continuano a proporci per mettere sempre meglio a fuoco lo storico rapporto fra Occidente e Islam, nessuna è più calzante della quattrocentesca Cronaca turca di Konstantin Michailovic, un serbo di Ostrovica, rapito dai turchi poco più che ventenne per essere fatto musulmano a forza e arruolato nel corpo dei giannizzeri. Le sue memorie sono illuminanti soprattutto per la fase cruciale tra medioevo ed età moderna che va dalla caduta di Bisanzio, conquistata dai turchi verso la metà del Quattrocento, all'espansione dei sultani osmani fino all'Adriatico, che modificò l'identità religiosa, politica e culturale di una parte dell'Europa cristiana: la regione dei Balcani, che da allora ne è rimasta segnata indelebilmente. Dalle sue esperienze di insider della macchina bellica musulmana, il riluttante convertito ricavò i dati per un manuale prezioso sui presupposti e le modalità della Guerra Santa tra gli islamici e gli occidentali. Questo è il vero contenuto della sua Cronaca turca, ovvero Memorie di un giannizzero, pubblicato da Sellerio (a cura di Alda Giambelluca Kossova, traduzione di Angiolo Danti, note di Marco Clementi): «Chiamano lo Spirito Santo Roch Ullach, l'anima la chiamano d’jan - si legge in queste antiche pagine -, gli angeli feriisteler, il paradiso dienet, l'inferno ifsy chalvetii, il diavolo fegiiatar. Considerano noi cristiani un popolo di smarriti, perché crediamo e confessiamo la Santa Trinità. Per questo hanno chiamato i cristiani Kaury, cioè smarriti o rinnegati». L'espansione degli islamici, avverte l'autore, «è simile al mare, che mai cresce o diminuisce, e così i pagani non hanno mai pace, sono sempre in movimento». Come le acque dolci e buone quando si immettono nel mare e si mescolano con la sua acqua diventano aspre e salate, così i prigionieri cristiani vengono convertiti deportandoli in mezzo ai pagani, in modo che si guastino come le acque dei fiumi nel mare. Dopodiché i nuovi pagani «diventano peggiori dei veri pagani, e questo serve alla loro espansione crescente». Cosa ci dice il giannizzero di Ostrovica? Che l'atmosfera nelle civiltà quando si affrontano in una guerra di religione è ben diversa da quella di oggi: si ha a che fare con una guerra di religione quando chi la combatte si propone di convertire con la forza il proprio nemico. L'osservazione di Konstantin sul fatto che gli islamici sono tanto più integralisti e fanatici quanto più recente è la loro conversione anticipa, in fondo, la tesi avanzata da Vidiadhur Surajprasad Naipaul, premio Nobel per la letteratura, nell'ultimo libro, Fedeli a oltranza. Alla conversione degli infedeli aspiravano infatti i crociati cristiani nei confronti degli arabi di Terra Santa e anche, pretestuosamente, dei bizantini scismatici, oggetto di aggressione nella Quarta Crociata. Della conversione dei cristiani si servirono i turchi, «rendendo salata», cioè imbevibile, la limpidezza della fede delle popolazioni che assoggettarono. Non solo nessuna conversione degli islamici è oggi auspicata dalle forze della Nato, ma neppure Bin Laden e i suoi seguaci desiderano convertirci all’islamismo. Nessun teologo si leva a contestare gli assunti dogmatici né dell'Islam, né del cristianesimo. Si ha a che fare con una guerra di religione quando la contrapposizione dottrinale gioca un ruolo preponderante, da entrambi i lati. Ciò avveniva nella fase trionfale della storia del monoteismo, di cui fu testimone Konstantin di Ostrovica, non nella crisi del cristianesimo di cui siamo testimoni oggi.