Silvia Ronchey

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Noi e gli antichi

In attesa che arrivi il nuovo Socrate

"Stoici antichi" a cura di M. Isnardi Parente

28/04/1990 Silvia Ronchey

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La Repubblica

II sistema di pensiero dell’Antica Stoa è riconsiderato oggi con crescente interesse dai filosofi. La fisica materialistica di Zenone di Cizio è resa attuale dalle moderne teorie energetiche, così come la filosofia del linguaggio in Crisippo, la logica «proposizionale», o il radicalismo etico, intellettualistico e relativistico, dei dissidenti Aristone ed Erillo. I testi frammentari e le testimonianze di questo pensiero erano finora quasi inaccessibili ai non specialisti.
La lacuna è stata colmata in forma completa e traduzione italiana da Margherita Isnardi Parente, che evitando per principio ogni storicizzazione ripropone la filosofia stoica nel suo contesto intellettuale e nella sua immediatezza testuale, e ne offre una limpida e autorevole summa. Zenone, Cleante e Crisippo, i tre maggiori filosofi dell’Antica Stoa, vissero fra il III e il II secolo a.C., assistendo al trasformarsi della democrazia della polis greca nella monarchia cosmopolita e universalista di Alessandro e dei diadochi.
La riflessione sul progresso e sulla libertà appare propria dei tempi in cui questa libertà va decrescendo. Secondo Zenone, gli eventi della storia universale eternamente ritornano e ricorrono secondo linee certe: si ripresenterà in futuro un nuovo Socrate per subire il processo, nuovi Anito e Meleto per accusarlo. L’universo periodicamente termina nella conflagrazione e gradualmente rinasce, secondo un processo cosmobiologico.
Come il vuoto che lo avvolge, il tempo è un interstizio cavo tra gli eventi.
Gli atti del futuro, in quanto destinati a divenire fatti accaduti, sono reali e immutabili: esistono come già necessari. In Crisippo, la teoria del tempo legittima la cognizione mantica del futuro e tutte quelle specie di avvertimento che, come i sogni, servono a illuminare la selva intricata degli eventi indecifrabili da cui è composta la vita umana.
Se nella Repubblica di Platone era abolita la proprietà privata ed erano collettivizzati i rapporti familiari solo per l’élite dei filosofi-governanti, nell'utopia vagheggiata da Zenone e Crisippo tali prerogative sono estese all’insieme della comunità.
Al sapiente poi tutto è lecito, anche l’incesto o il cannibalismo. In questa Metropolis della fine dell’antichità, la massa degli insipienti è preponderante sullo scarso numero dei «progrediti» (prokoptontes), mentre di sapienti veri e propri, di Socrati appunto, non ve n’è che uno o due al massimo in ogni ciclo cosmico.


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